Dalla colpa alla responsabilità: un percorso di sviluppo personale ed organizzativo.
“Dare la colpa ad altri è un piccolo e pulito meccanismo che puoi usare ogni volta che non vuoi prenderti la responsabilità per qualcosa nella tua vita. Usalo ed eviterai tutti i rischi e impedirai a te stesso di crescere.”
Wayne Dyer
Nelle organizzazioni si parla sempre di più di responsabilità. In alcune aziende si tengono addirittura dei percorsi abbastanza strutturati sulla responsabilizzazione. Ma quando entriamo nelle organizzazioni come consulenti, formatori o coach, tra le prime cose che più spesso notiamo ci sono le dinamiche di colpevolizzazione e la conseguente abitudine alla deresponsabilizzazione.
In alcuni casi ci è capitato di rilevare delle vere e proprie contraddizioni pericolose anche in quelle aziende che proponevano corsi e attività sulla responsabilizzazione, in cui il meta-messaggio che veniva inconsapevolmente inviato è il seguente: “VOI dovete responsabilizzarvi sempre di più“. Un piccolo dettaglio, il VOI anziché il NOI, che genera un paradosso capace di invalidare anche le migliori intenzioni.
“Da un grande potere derivano grandi responsabilità.”
Ben Parker – lo zio di Spiderman
Quali sono le differenze tra colpa e responsabilità?
La prima grande differenza è che nella colpa si cerca qualcuno da punire: non a caso si cerca un colpevole. Mentre nella responsabilità c’è un potere inespresso o che potrebbe essere espresso meglio. Ovviamente ci sono dei confini e dei limiti per cui alcune responsabilità richiedono un intervento forte e che punti a cercare e punire un eventuale colpevole, ma parliamo di pochi e gravi casi.
Il livello di confine tra colpa e responsabilità dipende da vari fattori: dalla volontarietà, dai livelli di preparazione, dall’esperienza del collaboratore e dagli effetti dell’azione agita. Ma per la nostra esperienza, la maggior parte delle problematiche organizzative si possono ascrivere al tema della responsabilità e non alla colpa, che invece si limita a pochi accadimenti.
Il lavoro sulla responsabilità è quindi uno stimolo positivo ad esprimere il proprio potenziale. Non penalizza la persona, ma la supporta nella piena e massima assunzione di responsabilità e nell’espressione e nello sviluppo di tutte le sue risorse, personali e professionali.
Altra grande differenza tra colpa è responsabilità è nel focus: la colpa si focalizza su un evento passato che non si può modificare, per poi cercarne il colpevole; la responsabilità, invece, analizza gli eventi passati per poi capitalizzarne gli apprendimenti sulle occasioni simili presenti e future.
Nella colpa si penalizza, nella responsabilità si impara.
Nella colpa c’è sempre una sconfitta, nella responsabilità c’è sempre un apprendimento.
Già da queste prime differenze si capisce come mai solitamente la colpa si addossa agli altri (attraverso un’azione di colpevolizzazione e/o di autoderesponsabilizzazione); mentre nelle responsabilità ognuno si assume le proprie.
Addossare e assumere… che grande differenza!
Senza poi parlare dell’impatto dell’una e dell’altra sul clima interno ad un’organizzazione!
La colpa alimenta un clima negativo, la sfiducia nell’organizzazione, il timore verso colleghi e supervisori e blocca la libera espressione del potenziale, la creatività e la libera iniziativa.
La responsabilità, invece, stimola lo sviluppo di un clima positivo, incentiva la fiducia tra colleghi e verso i superiori e i coordinati; la responsabilità crea un ambiente che stimola creatività, innovazione, intraprendenza, libera iniziativa, condivisione, entusiasmo e assunzione del rischio.
“L’unico modo per sviluppare il senso di responsabilità nelle persone è affidare loro delle responsabilità.”
Kenneth Blanchard
Così come c’è una grande differenza tra il senso di colpa e il senso di responsabilità.
Sperare di stimolare il senso di responsabilità attraverso un approccio colpevolizzante e penalizzante è da ingenui (o da incapaci).
Ovviamente è bene che esista anche il senso di colpa e che alcune azioni siano perseguite: un collaboratore che ruba deve provare senso di colpa. Ma anche in questo caso, è bene che l’azienda restituisca al collaboratore le proprie responsabilità. Sulla colpa e sulla pena ci lavorerà la magistratura.
Quali sono gli indicatori della presenza di logiche di colpa?
Ma come si riconosce un’azienda o un manager i cui collaboratori vivono ogni attività/incarico/situazione con il timore della colpa, anziché con l’entusiasmo della responsabilità?
Ci sono tantissimi indicatori.
Un esempio classico sono le famose email in cui viene messo in copia conoscenza e/o in copia sconosciuto il “mondo intero”, anche quando non serve. In questi casi, in pratica, il collaboratore non scrive l’email per portare a termine il proprio compito, ma per dimostrare di aver comunicato quanto di sua competenza. Così si deresponsabilizza con il classico “io l’ho scritto” e con l’aver messo in copia mezza azienda. Ma tutti sappiamo che scrivere un’email, anche senza mettere in copia mezza azienda, è già un’evidenza di azione/comunicazione, che al bisogno può essere portata a propria discolpa.
Così come i vari “te l’ho detto”, “io l’ho scritto”, “io l’ho comunicato”: spesso sono indicatori di un processo di deresponsabilizzazione e di una implicita ricerca di un colpevole.
Alcuni manager, invece, alimentano inconsapevolmente il clima di colpevolizzazione non esercitando correttamente la delega: in pratica si limitano a delegare, senza definire scadenze specifiche o senza momenti di controllo intermedio, per poi pretendere all’improvviso il lavoro completato. Con questo atteggiamento i collaboratori, sentendosi colpevolizzati e penalizzati, vivranno malissimo qualsiasi incarico e delega ricevuta. Peggio ancora se in un sistema che non gestisce i carichi e i flussi di lavoro.
Sarebbe come chiedere ad un cuoco di cucinare tantissime pietanze, senza dirgli però quando le vogliamo pronte, per poi pretendere che piatti preparati ore prima siano caldi e croccanti e piatti appena richiesti siano già pronti. Il cuoco sarà sempre nell’imbarazzo di portarci piatti riscaldati o non cotti bene.
Con questo non voglio dire che non esistano collaboratori che cercano di evitare il più possibile oneri e responsabilità, ma neanche che siano tutti così svogliati e anti-responsabilità.
Anzi, il principio di responsabilità ci responsabilizza dei processi di selezione (abbiamo scelto i collaboratori adeguati?) e di formazione dei collaboratori (li abbiamo preparati adeguatamente ai ruoli e ai compiti?), dei processi di delega, supporto e controllo (è chiaro cosa debbano fare, come, quando, con chi e perché?). Sapendo che il massimo livello di responsabilità, secondo noi, si esprime nell’assegnare e nel restituire agli altri le proprie responsabilità.
“Non è solo per quello che facciamo che siamo ritenuti responsabili, ma anche per quello che non facciamo.”
Molière
Mi permetto di aggiungere che secondo noi creare un ambiente responsabile è il miglior modo per individuare, selezionare e far crescere persone capaci di assumere responsabilità.
Invece, se l’ambiente è colpevolizzante e penalizzante, cresceranno persone abili a scaricare le colpe ad altri o ad evitarle. Sicuramente dietro si cela una grande intelligenza sistemica, ma non un grande senso di responsabilità e di appartenenza all’organizzazione.
Per questo il nostro suggerimento è di iniziare un cammino di trasformazione individuale ed organizzativa che permetta di passare dalle logiche di colpa alle logiche di responsabilizzazione.
Buona responsabilità a tutti!
Piercarlo