Si può diventare coach senza far pratica su casi reali?
So che può sembrare strano e assurdo, ma penso di poter dire che la maggior parte dei Coach in Italia si fregi di questo “titolo” (che titolo non è) senza aver svolto alcuna pratica supervisionata su casi reali. E ancor di più sono i Coach che non hanno mai assistito a casi reali di coaching condotti dai propri docenti.
Triste, ma vero!
Ma il vero problema non è la mancanza di pratica su casi reali che dilaga nelle scuole di coaching. Questa si potrebbe superare facilmente: come direbbe anche un coach alle prime armi, “basterebbe volerlo“.
Ma non è così.
Il vero problema, secondo me, sono le “storielle” raccontate da molti coach e da molte scuole a chi chiede loro di poter assistere a casi reali di coaching.
Nella nostra scuola coaching quasi il 40% dei corsisti proviene da altri modelli e da altre scuola; e giungono a noi “affamati” di METODO e di PRATICA.
E spesso ci raccontano le risposte che hanno ricevuto alla loro richiesta di poter assistere a casi reali di coaching condotti dai docenti.
Le risposte più frequenti sono le seguenti:
1 – “Ma sai, i miei casi sono tutti con calciatori di serie A o con top manager… e quindi non posso proprio farti assistere“;
2 – “Ma sai, la privacy… non si può“;
3 – “Non puoi assistere ai nostri casi, perché la vera abilità è nello sviluppare un tuo stile personale“.
In nessuna professione si diventa professionisti senza pratica. In nessuna!
Non dico di poter mostrare tutto a tutti. Anche noi abbiamo moltissimi casi riservati, come è giusto che sia, ma almeno qualcosa di reale che possa essere condiviso a fini didattici. Qualche caso, non dico un centinaio come nella nostra area didattica. E invece spesso i Coach “giocano” a fare i misteriosi.
Io pratico arti marziali cinesi da 30 anni, e questi atteggiamenti mi fanno venire in mente quelle cinture nere che non combattono mai. Molte si nascondono dietro la cintura. Ma la vera abilità è nel saper combattere, affrontando e accettando anche la possibilità di perdere, così come avviene anche nel coaching.
Poi c’è la storiella della privacy, che a me risulta poco credibile… e vi spiego il motivo.
Da anni lavoro come consulente strategico in ambito sanitario, il luogo per eccellenza del trattamento di dati riservatissimi (ben oltre il concetto di dati personali). E nel settore sanitario si fanno fotografie e video: tutto ovviamente con il consenso scritto del paziente. Ho clienti chirurghi che svolgono operazioni complesse in diretta video e alcune sono anche seguite a distanza. E nessuno ha mai fatto storie per la privacy. Ovviamente c’è chi non vuole essere ripreso… ma su tantissimi clienti, qualcuno che acconsente si trova sempre.
Tanto più che nel Coaching ci si occupa solo di performance, né di disagio, né di terapia, né di esplorazione del sé.
Ovviamente bisogna chiedere il consenso: motivo per cui nei nostri laboratori ogni sessione inizia video-registrando il consenso alla registrazione stessa (già sottoscritta anche nel contratto di coaching). Se la privacy diventa la colonna dietro la quale nascondere il proprio imbarazzo nel mostrarsi in azione, sappiate che la soluzione “legale” si trova.
Da questa semplice, quanto antica, idea della centralità della pratica per “apprendere una professione”, sono nati i nostri Coaching LAB: i laboratori di pratica di Coaching su casi reali. Sei ore a settimana di pratica, per circa 250 ore l’anno su circa 40-50 casi reali di Coaching ogni anno. Tutti video-registrati e messi a disposizione dei corsisti della nostra Scuola di Coaching Strategico-Esperienziale. E vista la fame di casi reali e di pratica, abbiamo dato vita anche al Coaching Program, per dare l’opportunità anche a Coach provenienti da altri modelli e approcci di visionare casi reali e fare pratica in prima persona; e per dar opportunità ai nostri Coach di continuare a far pratica e supervisione anche dopo l’ottenimento della qualifica da Coach Professionista.
Arrivati a questo punto, come il Coaching non fa, do alcuni miei consigli:
– se sei coach, inizia a registrare ed archiviare tutti i tuoi casi (magari dividendoli anche in casi con e senza consenso alla supervisione e condivisione);
– se non sei coach, ma vuoi diventarlo, cerca di assistere a qualche caso reale (meglio ancora se a pagamento) dove poter vedere il coaching in azione.
Buona pratica a tutti!
Piercarlo