I segnali che svelano la mancanza di cultura del feedback.
La capacità di dare e di ricevere feedback efficaci ed eleganti è molto apprezzata e, secondo noi, sarà sempre più richiesta, soprattutto nel mondo del lavoro.
Le prime riflessioni profonde su questo importante tema le ho condotte grazie al Prof. Giuseppe Vercelli (2011): durante il percorso SFERA Coaching ci spiegò che il nodo centrale del feedback non è legato alla sua negatività o alla positività. La differenza che fa la differenza è la specificità, che si contrappone alla tanto diffusa e disfunzionale genericità. Compresi così la matrice del feedback e negli anni successivi, in condivisione con la mia metà professionale, Alberto, ci abbiamo riflettuto e lavorato continuamente, incessantemente.
Un lavoro di ricerca e di applicazione, interna e sul campo, dai clienti, con i clienti e per i clienti. Siamo appassionati e per questo negli anni abbiamo affinato e “limato” ogni contenuto sul feedback, fino a creare dei modelli operativi tutti nostri che guidano nel dare, nel ricevere, nel chiedere e nel verificare i feedback, con l’obiettivo di aumentare la propria efficacia e la propria eleganza, riducendo al minimo il rischio di “frattura relazionale”.
Un altro importante passaggio che abbiamo fatto negli anni è stata l’evoluzione dal concetto di “strumento” all’idea di “cultura“.
Quando consideri qualcosa come un semplice “strumento”, puoi usarlo, puoi non usarlo, ma puoi anche dimenticartene (e spesso accade)…
Quando qualcosa, invece, diventa vera e propria “cultura”, significa che i suoi principi sono in te e non puoi fare a meno di tenerne conto. Quando qualcosa è un semplice strumento puoi continuare ad agire spontaneamente senza utilizzarla. Quando qualcosa è cultura è presente nel tuo agire spontaneo e succede il contrario rispetto al solito: per non usarla devi sforzarti volontariamente.
Per questo nel retro copertina del nostro libro abbiamo volutamente inserito una famosa definizione Burrhus F. Skinner: “Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto“.
Da tempo non lavoriamo più sul feedback come strumento, ma lavoriamo sul concetto di cultura del feedback, con l’obiettivo farlo apprendere fin “nelle ossa e nell’anima”…
Ma cosa accade quando non c’è cultura del feedback? Da cosa possiamo accorgerci che manca una sana cultura del feedback? Beh, immaginando una “diagnostica” da “mancanza di cultura del feedback”, troviamo due tipologie di diagnosi:
– mancanza di cultura personale/individuale del feedback;
– mancanza di cultura organizzativa/aziendale del feedback.
Mancanza di cultura personale del feedback
Ecco un elenco dei principali segnali che rivelano una mancanza di cultura personale ed individuale del feedback:
- ci si offende facilmente;
- difficilmente si accettano le “osservazioni” altrui (e si cerca di non dar loro spazio);
- ogni osservazione è vissuta come un attacco personale;
- si è autocelebrativi (e a volte alla marchese del grillo: “Io so’ io e voi nun siete un …!“);
- si crede di aver sempre ragione;
- si crede di saperne di più degli altri (eccesso di autoreferenzialità);
- si generano conflitti inutili e con molta facilità (spesso per “orgoglio”);
- non si condividono decisioni e azioni;
- si teme che gli altri possano offendersi;
- non ci si preoccupa per nulla dell’eventuale sensibilità altrui;
- ci si circonda di “yes man”;
- si evita il sano confronto;
- si pensa di saper dare feedback senza mai aver studiato un modello di feedback strutturato;
- si fa fatica a riconoscersi anche soltanto in uno dei precedenti punti.
Mancanza di cultura organizzativa del feedback
Alcuni dei comportamenti e dei “sintomi” che invece possono far emergere una mancanza di cultura organizzativa e aziendale del feedback sono i seguenti:
- nessuno dice apertamente cosa pensa realmente;
- si parla molto nei “corridoi” e “sottovoce” (quella che noi chiamiamo “radio aziendale”);
- nelle riunioni si parla del “nulla” e spesso ci si attacca per le “formule usate”;
- i collaboratori non sanno come sono considerati dal management;
- i collaboratori non si sentono ascoltati dall’azienda;
- il management crede di dare molto ai collaboratori ma di ricever in cambio poco o nulla dagli stessi;
- molti collaboratori hanno la sensazione di ripetere inutilmente le stesse cose;
- si parla molto dei colleghi e poco con i colleghi;
- non vengono avanzate proposte nuove e c’è poca creatività;
- spesso ci si auto-giustifica dei propri comportamenti;
- spesso ci si auto-giustifica per le proprie basse performance;
- c’è bassa responsabilizzazione da parte dei collaboratori;
- sono frequenti gli atteggiamenti di colpevolizzazione dei collaboratori da parte della dirigenza;
- c’è il timore di dire per non offendere;
- non ci sono dei momenti di feedback organizzati e strutturati;
- quando ci si scambia i feedback ci si offende;
- molti non dicono cosa pensano o cosa sanno per paura di atteggiamenti vendicativi;
- non si lavora per performare, ma per dimostrare di aver lavorato.
Questi sono solo alcuni dei vari segnali che con la nostra decennale esperienza abbiamo individuato. Sicuramente sono tanti altri i comportamenti che ci fanno capire e percepire che manca una sana cultura del feedback: una cultura della libera espressione e circolazione delle idee, del rispetto e della ricerca dei punti di vista altrui e delle informazioni che possano “nutrire” persone ed organizzazione.
Ci auguriamo che sempre più persone ed organizzazioni sviluppino una sana cultura del feedback, alimentando un circolo virtuoso di influenza reciproca positiva.
Buona cultura del feedback… personale ed organizzativa!
Piercarlo
Risorsa 1 – partecipa al quiz interattivo sul feedback
Risorsa 2 – leggi il libro “La cultura del feedback”
Risorsa 3 – scopri il video-corso “La cultura del feedback”