
Il Coaching non è “dai dai”…
Spesso quando dico che mi occupo di Coaching, mi rispondono “ah fai motivazione!”.
Una volta me la prendevo, ora ho iniziato a sorriderne. E anche a responsabilizzarmi, perché è anche una responsabilità di noi Coach l’immagine che gli altri si fanno della categoria. Ed è nostra responsabilità anche se lasciamo troppo spazio a chi della categoria dà un’immagine poco corretta.
Il Coaching, secondo me e secondo la nostra Scuola non è dire a qualcuno “dai dai, che ce la fai“. Quello può farlo chiunque!
Il Coaching non è motivazione.
Si occupa ANCHE di motivazione (e poco), ma non è motivazione.
La motivazione è il carburante, mentre il Coach è un esperto in “cambiamenti funzionali alla performance”, una sorta di “tuner” che modifica le “vetture mentali” per performare meglio. I motivatori sono dei “benzinai”. I Coach, invece, non sono dei “benzinai”!
Il primo errore, il più grave secondo noi, è pensare che la performance sia direttamente collegata alla motivazione. Nasce così un’equazione che diventa una trappola: se sei motivato ce la fai; se non ce la fai è perché non sei motivato. Più lo vuoi, e più riesci. Se non riesci è perché non lo hai voluto abbastanza. Se vuoi puoi. Se non puoi allora non vuoi abbastanza.
Mi faccio una domanda semplice semplice, cui credo possa rispondere chiunque abbia vissuto più di 20 anni su questo splendido Pianeta, compresi quelli che non hanno mai dovuto affrontare alcuna difficoltà: siamo così sicuri da poter affermare che volere qualcosa equivalga ad ottenerla? Vi è mai capitato di volere fortemente qualcosa, di aver fatto il massimo, e di non aver ottenuto quanto desiderato? Sicuramente qualcuno darà la risposta da “duro” del tipo “io ottengo tutto ciò che voglio”. Buon per lui, anche se qualche dubbio sulla veridicità sorge sempre.
Già gli antichi filosofi Greci, studiando i paradossi, avevano capito che la vita non è un’equazione matematica. La tartaruga può essere super motivata, può partire molto tempo prima, e può essere aiutata anche dalle logiche della geometria delle rette, ma nella realtà Achille la supererà sempre e comunque.
Quando si rivolgono a me atleti che in passato sono stati già seguiti da altri Coach, la prima cosa che li sorprende è che io non dico mai loro “dai dai che ce la fai”, o “devi crederci”.
Tra l’altro, a rigor di logica, noi incentiviamo chi crediamo che possa non farcela, chi pensiamo che non abbia tutte le risorse a propria disposizione, e che quindi abbia bisogno di uno stimolo esterno.
Secondo noi il Coaching si occupa di altro.
Si occupa di cambiamento, di superamento delle resistenze, di logiche non ordinarie, di piccoli cambiamenti percettivi-reattivi che spesso sorprendono anche gli attori stessi del cambiamento.
Il Coaching può e deve essere un intervento altamente professionale, che genera cambiamenti strategici e funzionali.
Altrimenti, ci sono anche le “sessioni di Coaching da 5 euro”, come le chiama il mio amico Max Damioli.
Qualche esempio di “Coaching da 5 euro”?
Vuoi smettere di fumare? Bene, non comprare più le sigarette! 5 euro…
Vuoi vincere? Bene, credici! 5 euro…
Vuoi migliorare la tua vita? Bene, inizia a fare solo ciò che ti piace! 5 euro…
Vuoi vincere? Bene, visualizza la vittoria! 5 euro…
Vuoi essere felice? Bene, chiediti cosa ti rende felice! 5 euro…
Vuoi vincere? Bene, allenati di più! 5 euro…
Vuoi raggiungere questo obiettivo? Bene, cosa puoi fare per raggiungerlo? 5 euro…
Vuoi vincere? Ma quanto lo vuoi veramente? 5 euro…
>Siamo sicuri che sia proprio così?
Quante volte, proprio perché ad un obiettivo ci teniamo moltissimo, in modo proporzionale a quanto lo desideriamo, invece diventiamo incredibilmente incapaci?
Quante volte sbagliamo proprio sui percorsi cui più teniamo?
La performance non è un’equazione.
Il cambiamento non è un’equazione.
Il Coaching non è un’equazione.
Forse siamo più vicini al mondo dell’arte, in cui l’estro, la strategia, la creatività e la sensibilità fanno la differenza e, soprattutto, dove non tutto è ripetibile come può invece esserlo in un laboratorio.
Un’arte vera e propria, fatta di competenze, progettazione, capacità di improvvisazione, esperienza sul campo, pensiero strategico, capacità comunicative e relazionali.
Per questo motivo, secondo noi, non si diventa Coach in un giorno, o con un’auto-proclamazione sul web e sui social. Almeno che non vogliamo diventare i classici Coach che sanno quello che i clienti dovrebbero fare… ma peccato che i clienti non lo fanno.
Qualche anno fa scrissi un post volutamente provocatorio: CON I PROBLEMI DEGLI ALTRI SONO TUTTI COACH!
Non è così e dobbiamo stare attenti a non farlo diventare così.
Quindi niente “dai dai che ce la fai”, e sotto a studiare comunicazione, problem solving, resistenze, logiche di cambiamento, etc…
Dai dai… che non è poi così male!
Buon te stesso/a!
Piercarlo
ciao Piercarlo
sono Andrea da Udine.
al solo leggerti è verità quanto dici. non basta più la volontà che è sempre indispensabile, ma anche una base/impostazione “tecnica” per sapere dove e come procedere per riuscire in quello che sono le proprie mete.
Quindi niente “dai dai che ce la fai”, e sotto a studiare comunicazione, problem solving, resistenze, logiche di cambiamento, etc…
saluti Andrea