Il potere delle immagini nella comunicazione per il cambiamento
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Nella comunicazione strategica abbiamo tre grandi strumenti, che se padroneggiati con maestria, seppur nella loro semplicità, aumentano notevolmente l’efficacia della nostra comunicazione interpersonale. Questi strumenti sono le domande, le parafrasi e il linguaggio analogico.
In quest’ultima categoria troviamo molte tecniche/strumenti, come le analogie, gli aneddoti, le storie, le metafore, gli aforismi e le citazioni. Strumenti molto efficaci nella comunicazione che orienta al cambiamento.
In questo articolo ci concentreremo sulle differenze tra le analogie e le metafore, molto usate nella comunicazione strategica, sia essa applicata al coaching o al public speaking.
METAFORE
Le metafore, come suggerisce il termine stesso, “portano fuori”: spostano il significato su un altro piano logico, solitamente con un’immagine che può essere più o meno esplicita.
Le metafore suggeriscono significati, li fanno intuire, ma non li spiegano e non creano né similitudini, né analogie. E solitamente le immagini sono irrealistiche e inverosimili.
Qualche esempio di metafora:
– “Pietro è una scheggia“;
– “Oggi sono in alto mare“;
– “Alberto è un pozzo di scienza“;
– “Mi sento un leone“.
Siamo tutti concordi nel fatto che i pozzi di scienza non esistano, così come una persona non possa essere una scheggia, né un leone. Ma la metafora crea un’immagine che veicola un significato. Un significato che solitamente colpisce la parte meno logica dell’interlocutore, dando un colore emotivo alla comunicazione.
ANALOGIE
Le analogie, invece, creano una corrispondenza tra due situazioni, due immagini, creando un nesso logico tra le due. Le analogie, nella comunicazione strategica e d’impatto, sono usate per spiegare con semplicità e tramite immagini il funzionamento di una specifica dinamica. Ed ecco che un consulente molto qualificato ma che non riesce a trovare clienti a sufficienza può diventare come un ristorante di altissima qualità ma nascosto in una via con scarsa pedonabilità in cui nessuno entra. Si crea così un’analogia (quindi un legame logico) tra una situazione e un’immagine che la rappresenta. E nel coaching, ad esempio, l’analogia può essere usata anche per indagare ancora meglio le dinamiche sottese alla performance desiderata e mancata, o per veicolare suggerimenti e cambiamenti. Potremmo ad esempio chiedere “E cosa farebbe un ristorante di altissima qualità ma nascosto in una vietta sconosciuta per trovare nuovi clienti?“. E successivamente, sempre per analogia, trasferire le risposte al reale contesto di intervento, quindi “dal ristorante alla consulenza”.
Le analogie sono strumenti molto efficaci e d’impatto e personalmente le preferisco alle metafore, in quando permettono maggiori “acrobazie e danze logiche”.
Ma per usarle bene, con maestria, bisogna allenarsi, ascoltarne molte, sbagliarne qualcuna e accumularne grazie all’esperienza su casi reali, sia condotti da altri e sia condotti in prima persona. E soprattutto, bisogna leggere molto. Eh sì, la letteratura, questa sconosciuta, è una fonte inesauribile di immagini utili.
La vera sfida delle analogie è il trovarne di calzanti alla situazione.
Ed ecco che i collaboratori a cui l’azienda chiede spesso di non rispettare alcune procedure diventano degli sciatori fuori pista… perché la logica sottesa alle due immagini è coerente e simile. Ma il non riuscire a vendere un prodotto non può essere legato logicamente all’andar fuori pista.
Per cui la sfida è nel trovare analogie calzanti o nel trovare immagini da rendere logicamente calzanti, in modo da avere un’analogia forte, che aumenterà la nostra efficacia, il nostro impatto e la nostra capacità persuasoria.
Per usare un’analogia, le analogie sono come una danza tra due immagini, che non devono “pestarsi i piedi l’un l’altra”, ma che devono muoversi a ritmo, creando un’immagine di armonia e fascinazione che aumenta efficacia, eleganza e impatto della nostra comunicazione, dal singolo colloquio alle sessioni di coaching, dalle nostre presentazioni in riunione ai discorsi in pubblico.
Buone metafore, buone analogie e buone “danze”!
Piercarlo
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