Un coach che non ha mai assistito a casi reali interi di coaching, può esser considerato un vero professionista?
In ogni professione, si diventa professionisti affiancando altri professionisti nelle loro attività lavorative reali.
Così come non si diventa chirurghi giocando all’allegro chirurgo, secondo noi non si diventa coach esercitandosi solo su simulazioni interne alla Scuola.
Un giovane avvocato ne affianca uno più esperto in cause reali e scrive atti reali.
Allo stesso modo, secondo noi, per diventare Coach professionisti seri, bisogna assistere a casi reali interi di Coaching.
Ma quanti casi reali si dovrebbero seguire? Uno? Dieci? Cento?
La domanda corretta, a mio avviso, non è solo “quanti casi reali”, ma anche “quali casi reali bisogna aver seguito?”.
Sì, perché esistono diverse tipologie di casi e di situazioni che un coach professionista deve conoscere e deve aver visto affrontare e gestire.
La prima tipologia di casi che un Coach deve aver visto gestire è rappresentata da quelli che noi chiamiamo “invii“: secondo noi chi vuole diventare Coach deve aver assistito ad almeno due casi in cui il Coach professionista preferisce indirizzare il cliente da un altro professionista con competenze diverse. Può essere un caso che viene inviato ad uno psicologo o uno psicoterapeuta. Ma anche un caso che viene indirizzato ad un logopedista o ad un nutrizionista. Un Coach deve saper interagire con una domanda di coaching “impropria” e deve aver visto come si conduce un’indagine preliminare su questi casi fino a condurre un corretto, doveroso e professionale invio che risulti graduale, persuasivo e professionale.
La seconda tipologia di casi è rappresentata dai casi di “sblocco della performance“: clienti che in passato performavano bene e in autonomia, ma che nello stato attuale sperimentano un blocco o delle difficoltà performative (con piena responsabilità individuale). In questa tipologia si dovrebbero affrontare almeno due casi di performance sportiva e due di performance lavorativa. Ed ecco che i casi diventano almeno altri quattro.
Ci sono poi i casi di gestione della tensione pre-performance. Anche qui consigliamo almeno due casi sport (ad esempio tensione pre-gara) e due casi business (ad esempio tensione nel public speaking lavorativo). Ne aggiungiamo così altri quattro.
Poi si passa a casi relativi a dinamiche relazionali, molto frequenti in ambito organizzativo e in ambito sportivo (soprattutto negli sport di squadra). Qui il suggerimento è assistere almeno a due casi per ogni sottocategoria: difficoltà con colleghi/collaboratori pari livello, difficoltà con collaboratori coordinati, difficoltà con i propri responsabili e difficoltà con stakeholder esterni. E aggiungiamo così altri otto casi.
Poi ci sono i casi, preziosissimi, di decision making: i processi decisionali rappresentano una “performance” completamente diversa dalle altre tipologie. E anche qui, consigliamo almeno due casi, possibilmente su tipologie diverse di decisioni e con tempi e scadenze diverse.
Passiamo poi ai casi specifici del business, ove consigliamo di visionare ad almeno le seguenti tipologie: due casi di riqualificazione professionale e/o cambio lavoro, due casi di start up di nuovi progetti professionali (almeno uno individuale/free-lance e uno con dinamiche di squadra), due casi di sviluppo professionale individuale (career coaching) e due casi di sviluppo delle performance lavorative. E ne aggiungiamo così altri otto.
Bisogna poi fare esperienza di percorsi di durata diversa, anche all’interno delle categorie sopra citate. Raccomandiamo di assistere almeno ad uno/due casi che si chiudono in una sola sessione (come spesso può accadere nei casi di tensione pre-performance o nei casi di decision making), un paio di casi che si chiudono in due/tre sessioni e almeno un paio di casi che comportino percorsi un po’ più lunghi (almeno oltre le 10 sessioni).
Ovviamente, a tutti questi casi bisogna aggiungere qualche caso di drop-out, quindi di abbandono del percorso e qualche caso di insuccesso o successo parziale del servizio di coaching.
In totale avremo così due casi di invio, circa 26 casi di coaching di successo, un paio di casi di drop-out e un paio di casi di insuccesso o successo parziale. In media una trentina di casi reali: questo è secondo noi, il minimo a cui dovrebbe assistere chiunque voglia presentarsi come un professionista del Coaching.
E per questo motivo nella nostra Scuola di Coaching Strategico prevediamo l’accesso per 12 mesi ai nostri Coaching LAB, permettendo così di seguire fino a 300 ore di coaching su circa 50 casi ogni anno. E per lo stesso motivo archiviamo ogni singolo caso, inserendolo in un database che ad oggi conta oltre 280 casi reali di Coaching.
Ovviamente, ai casi visionati, bisogna aggiungere i casi reali condotti in prima persona e con feedback da parte dei docenti. Ma di questo, quindi della supervisione e del mentoring, ne parleremo un’altra volta.
Non mi resta che augurarvi “buoni casi di coaching“.
Piercarlo
PS: se sei curioso/a, scrivici a info@fym.it chiedendo di partecipare come ospite ad uno dei nostri Coaching Lab