È corretto parlare di Mental Coaching?
Si sente sempre più spesso parlare di Coaching, Coaching Sportivo, Mental Coaching e Mental Coaching Sportivo. Ma quale termine è più corretto?
Il termine Coaching deriva proprio dal mondo dello sport, dove il Coach solitamente indica(va) l’allenatore e/o il preparatore. L’idea di un preparatore/allenatore ha portato al concetto di Coaching, poi diventata una metodologia sempre più diffusa.
Questa confusione, data proprio dalle sovrapposizioni terminologiche, ha portato molti ad usare il termine Mental Coaching, con l’intento di specificare l’area di competenza.
La differenza tra un allenatore, un direttore tecnico, un preparatore tecnico, un preparatore atletico e le varie figure di un team sportivo sono sempre state abbastanza chiare (o almeno spero), mentre sul Coaching si fa spesso confusione. Basta partecipare ad un qualsiasi evento sportivo per leggere su moltissime tute il termine COACH, che genericamente individua una figura di responsabilità e coordinamento all’interno delle squadre. A volte anche i genitori accompagnatori degli atleti indossano la tuta con la scritta COACH.
Per questo motivo, pur non amando la scelta linguistica “mental coach”, capisco la necessità di differenziare questa nuova figura del “preparatore mentale” (altro termine che non condivido).
Anche se l’Accademia della Crusca ci ricorderebbe che sono gli usi a determinare le correttezze linguistiche, e non le accademie, vediamo perché secondo noi non è condivisile l’uso del termine Mental Coaching.
Per una serie di motivi, primo fra tutti perché la troviamo riduttiva e imprecisa.
Pur non amando le logiche di separazione, partiamo da quanti fattori compongono e/o influenzano una performance sportiva.
Per prima individuiamo una PERFORMANCE FISICA o ATLETICA, data dalle abilità fisiche dell’atleta. Questa tipologia di performance, solitamente è curata dai preparatori atletici, che quindi alleneranno forza, velocità, potenza, esplosività, pliometria, etc… a seconda della tipologia di sport.
Poi troviamo una PERFORMANCE TECNICA, data dalle competenze tecniche relative agli specifici gesti tecnici. Ad esempio, la performance atletica aumenterà la potenza dei colpi di un pugile, mentre la performance tecnica ne aumenterà la precisione e la correttezza tecnica, influenzando così l’efficacia finale. Questa performance è solitamente presidiata e supervisionata dagli allenatori e dai preparatori tecnici.
In base ai tipi di sport, spesso troviamo anche una PERFORMANCE STRATEGICA e TATTICA: come organizzare il gioco? E le risorse? Come organizzare la performance al meglio durante tutta la durata della competizione? Questi aspetti appartengono alla strategia e alla tattica, e spesso permettono ad atleti “meno forti” di vincere proprio in virtù di ottime scelte strategiche.
Poi ci sono le performance che sono di competenza del Coach Sportivo (o del “Mental Coach”), ma che non sono solo mentali, e che nel nostro modello sono tre.
La prima è ovviamente la PERFORMANCE MENTALE, che è la capacità di orientare e i gestire VOLONTARIAMENTE i pensieri e le proprie risorse cognitive al meglio, in funzione di una performance ottimale. Nella performance mentale non c’è una regola fissa: in alcuni sport è richiesta la capacità di focusing, in altri invece è richiesta la capacità di sviluppare la capacità di “distrarsi strategicamente”, in altri ancora è richiesta la capacità di bilanciare il focusing alla distrazione, in un’alternanza funzionale e strategica che permetta di performare al meglio.
La seconda, spesso trascurata, è la PERFORMANCE EMOTIVA, che è la capacità di orientare e gestire le proprie RISORSE EMOTIVE in funzione della performance ottimale. Il confine tra cognizione ed emozione, visti i loro stretti legami, è sottile, ma bisogna saperlo individuare. Ecco che ci sono atleti con un’alta capacità di focusing, che se però hanno tra il pubblico un caro affetto, subiscono un disequilibrio emotivo che influenza la prestazione e di conseguenza la performance. La famosa “testata di Zidane”, molto probabilmente, è la conseguenza di una perdita di equilibrio emotivo, e non di un’incapacità cognitiva o il frutto di un ragionamento sbagliato.
Infine, sempre di competenza del Coach Sportivo (o Mental Coach per i molti), è la PERFORMANCE RELAZIONALE. Ogni atleta ha una rete di relazioni, personali, professionali e pubbliche, che per molti hanno un’influenza diretta o indiretta sulla performance sportiva. Diventa quindi compito del Coach (previo accordo di Coaching), supportare l’atleta (o la squadra) a sviluppare abilità e capacità relazionali con il proprio staff, con i propri compagni di squadra (se ce ne sono), con i propri fans/tifosi, con i giornalisti e con tutte le figure la cui relazione può o potrebbe influenzare la prestazione sportiva.
Viste le moltiplici aree di competenza di un Coach Sportivo, troviamo così riduttivo il termine Mental Coach.
La norma UNI 11601:2015, che definisce solo la terminologia e le caratteristiche del servizio di Coaching e ne indica i requisiti per la fornitura, purtroppo non aiuta a fare chiarezza a tal proposito.
La norma non contempla la dicitura “Mental Coaching”, ma nel punto 4.2, argomentando le Tipologie di Coaching, parla solo di SPORT COACHING, definendone le finalità: “migliorare la prestazione sportiva; il coach assiste lo staff tecnico e gli atleti, individualmente o in gruppo, nella giusta preparazione mentale ad affrontare nelle migliori condizioni il momento della prestazione sportiva”.
Quindi nella norma non si parla di Mental Coaching, ma di Sport Coaching, però nelle finalità si parla di “preparazione mentale”, considerando così solo uno degli aspetti performativi di cui abbiamo parlato.
Con la serenità data dal sapere che queste imprecisioni ci sono sempre state e sempre ci saranno (e va bene così), non mi resta che augurarvi buon Coaching Sportivo!
Piercarlo
Scopri il prossimo corso di SPORT COACHING
Scarica gratuitamente il nostro EBOOK sul COACHING