13 errori da evitare nel Coaching Sportivo
Il Coaching in ambito sportivo si sta sviluppando sempre di più e velocemente.
Come ogni settore in rapida espansione, all’inizio sono pochi i professionisti e molti gli improvvisati.
Per riconoscere la qualità di un intervento di Sport Coaching e di un Coach Sportivo, possono essere molto utili quelli che sono gli errori commessi più frequentemente.
1 – OVERPROMISING
Molti coach tendono a promettere risultati incredibili, vittorie miracolose e prestazioni eccellenti. Purtroppo il Coaching non è una scienza, né tantomeno una scienza esatta. Nessuno può garantire risultati e chi lo fa spesso millanta conoscenze e competenze che non ha.
2 – LAVORARE SUI RISULTATI ANZICHÉ SULLE PERFORMANCE
Il Coaching non lavora sui risultati, ma sulle performance. A causa della casualità un ottimo risultato può essere il frutto di una bassa performance, così come un’altissima performance può portare ad un discreto risultato. Il risultato è dato dal confronto tra le tante performance e su di esso non vi è certezza. Ovviamente un’alta performance aumenta le possibilità di raggiungere e realizzare il risultato desiderato, e per questo il Coaching lavora solo sulla performance.
3 – SOVRAVVALUTARE IL RUOLO DEL COACH
Molti Coach Sportivi (o Mental Coach – ma è corretto parlare di Mental Coaching?) tendono a sopravvalutare il proprio ruolo. Così come spesso sopravvalutano l’influenza della performance mentale sulla performance generale. Questo porta molti Coach Sportivi a presentare la propria figura e il proprio ruolo come fondamentale, imprescindibile ed essenziale, col rischio di ergersi al ruolo di “mister aggiusta-tutto”. Conosciamo squadre professionistiche che in confidenza ci hanno confessato che nel cercare dei coach o delle società di coaching gli si è presentato “un vero e proprio circo umano” (testuali parole), che si presentava come un dio risolutore di qualsiasi problema.
4 – NON COOPERARE CON LE ALTRE FIGURE PROFESSIONALI
Il Coach Sportivo deve essere al servizio dell’atleta o della squadra e di conseguenza deve cooperare in sintonia e sinergia con lo staff di supporto. Anche in quei casi in cui lo staff, o qualche suo membro, siano contrari o d’ostacolo al percorso di coaching, un buon Coach opera con uno stile cooperativo che riduca il conflitto e non lo faccia subire agli atleti (fino all’auto-estromissione se dovesse servire). Un Coach sportivo deve saper lavorare nella massima cooperazione con gli allenatori, la dirigenza, i preparatori atletici e lo staff medico.
5 – NON FARE UN ACCORDO CHIARO SUGLI OBIETTIVI E SULLE RESPONSABILITÀ
Un buon Coach, anche nel rispetto delle normative vigenti (legge 4/2013 e norma UNI 11601), deve sempre fare un accordo chiaro sugli obiettivi del percorso di Coaching e sulle responsabilità relative alle performance e ai risultati sportivi. E a questo chiaro accordo deve corrispondere, nero su bianco, ad un contratto.
6 – NON TENERE UN DIARIO DI COACHING
Soprattutto nei percorsi di Coaching di medio-lungo periodo, è importante tener traccia di ogni sessione di Coaching, di tutte le attività assegnate e degli esercizi svolti. Il Diario può essere utile per avere una visione d’insieme del percorso svolto o per poter riportare all’atleta, alla squadra o all’eventuale committenza quanto fatto insieme. Per questo motivo da anni noi usiamo il Diario di Coaching.
(Scarica QUI le prime due pagine del nostro Diario di Coaching)
7 – NON TENERE UN DIARIO DI GARA
Come per il Diario di Coaching, per un Coach Sportivo è fondamentale tenere un diario di gara che permetta di monitorare PERFORMANCE e RISULTATI (che sono due cose completamente diverse!) nel medio-lungo periodo. Un diario di gara per essere completo dovrebbe tener conto anche delle sensazioni dell’atleta (o della squadra), dell’allenatore e dello staff tecnico riguardo la singola gara, oltre alle informazioni oggettive che potenzialmente influenzano performance e risultati (tipo il meteo, la sequenza di gara, etc…).
8 – USARE PROGRAMMI STANDARDIZZATI
Molti Coach usano programmi standardizzati, non tenendo conto dell’individualità degli atleti e dei singoli casi. Molti hanno programmi rigidi del tipo: 1 lavorare sulla motivazione; 2 rinforzare la psicologia dell’atleta; 3 visualizzare la vittoria. Questo non è Coaching, che per definizione è una consulenza di processo personalizzata a supporto dello Sblocco, del Sostegno e dello Sviluppo della Performance.
9 – ASCOLTARE POCO e PARLARE MOLTO
Negli anni si è diffusa l’immagine del Coach che parla molto, che fa discorsi incoraggianti, che motiva, che fornisce soluzioni e che con le parole risolve tutto. Secondo noi questo non è Coaching. Un Coach ascolta molto, cerca di capire e di supportare i propri clienti in modo strategico. Nel nostro modello di Coaching potremmo paragonare l’ascolto all’osservazione della scacchiera, e le parole come il momento della mossa: si ascolta molto (pensando) e si parla poco, dando alle parole un alto valore.
10 – USARE TECNICHE NON VALIDATE e STRUMENTI INCOERENTI
Un buon Coach deve informarsi sulla validità degli strumenti e delle tecniche che usa con gli atleti e con le squadre. Ad esempio, le tecniche di visualizzazione non sono valide in tutte le situazioni e vanno ben calibrate. Per non parlare delle tecniche “energetiche”, di discussa validità. Dagli strumenti di analisi agli strumenti di problem solving, dagli strumenti di dialogo agli strumenti di supporto della performance, un Coach professionista usa solo strumenti validati, di comprovata efficacia e coerenti con la tipologia d’intervento e lo sport di applicazione.
11 – NON METTERSI IN DISCUSSIONE E NON CHIEDERE FEEDBACK
Molti Coach vivono nel mito di sé, col rischio (per non dire certezza) di non mettersi mai in discussione e credere di aver sempre ragione. Uno stratagemma per ridurre questo rischio è quello di chiedere feedback, senza avere il timore di sembrare insicuri. Anzi, forse bisogna essere più sicuri di sé nel mettersi in discussione e nel chiedere feedback, che nel presentarsi come infallibili e chiudersi a qualsiasi feedback.
12 – NON CAPIRE QUANDO IL CASO NON È DI PROPRIA COMPETENZA O È CHIUSO
Un Coach deve essere disposto a capire quando un caso di Sport Coaching non è di sua competenza dal principio (e quindi non accettarlo), o diventa non più di sua competenza (ad esempio a seguito di un incremento degli impegni) o è semplicemente chiuso, per raggiungimento delle performance concordate o perché non c’è più bisogno del Coaching Sportivo. Ricordiamoci che uno degli obiettivi del Coaching è restituire la massima autonomia ai coachee nelle proprie performance.
13 – AUTO-CELEBRARSI PER I RISULTATI DEI CLIENTI
Capisco le logiche del marketing e dell’auto-promozione, ma nel nostro modello un buon Coach dovrebbe essere “invisibile”. Quando un proprio atleta e una propria squadra vince, la tentazione dell’auto-celebrazione è molto forte, ma bisogna evitare di salire sul “podio”, specie se ad insaputa del cliente. Qualsiasi eventuale sfruttamento dell’immagine dei clienti deve essere preventivamente concordato e autorizzato dai clienti, anche se personalmente trovo molto elegante lavorare in ombra… senza nascondersi e senza mostrarsi.
Ovviamente gli errori possono essere tanti e in questo articolo ho elencato solo i più frequenti nello Sport Coaching. Se vuoi scoprire tutti gli errori che abbiamo individuato ti consiglio di scaricare il nostro EBOOK di oltre 100 pagine sul Coaching, al seguente link:
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Buon Coaching e buone performance sportive!
Piercarlo