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I cinque errori da evitare nei team building aziendali - FYM blog

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Piercarlo Romeo
sabato, 24 Agosto 2019 / Pubblicato il Blog

I cinque errori gravi da evitare nei team building aziendali

 

Cinque modi per far fallire catastroficamente i team building aziendali

 

Qualche anno fa ci è capitato un intervento aziendale alquanto singolare: un cliente ci ha chiesto con urgenza delle attività di team building per poter recuperare il clima organizzativo a seguito di precedenti attività formative andate molto male.

Siccome amiamo imparare, sempre e soprattutto dagli errori, nostri e altrui, con grande curiosità abbiamo cercato di capire cosa non avesse funzionato negli interventi svolti dall’altra azienda. Indagine svolta anche per evitare di ripetere gli stessi errori ed eventualmente le stesse attività.

Da quel momento, come per quasi tutte le nostre attività, abbiamo iniziato a collezionare tutti gli errori che si possono commettere negli interventi e nelle attività di team building.

Ne abbiamo trovati tantissimi e li abbiamo anche suddivisi in tre categorie:

  • errori di analisi del bisogno;
  • errori di progettazione;
  • errori di erogazione e conduzione.

Ma tra tutti gli errori che abbiamo trovato, ne abbiamo individuati cinque che sono i più gravi e i più frequenti:

  1. non svolgere un’adeguata analisi dei bisogni d’intervento;
  2. scegliere attività che alimentano logiche di competizione, anziché di cooperazione;
  3. scegliere attività inadeguate (per banalità, possibilità di ricontestualizzazione o pericolosità);
  4. non focalizzarsi sul team, ma su altro (sulle attività, sulla teoria, sul trainer, etc…);
  5. considerare il team building un’attività, anziché un processo.

1 – non svolgere un’adeguata analisi dei bisogni d’intervento

Questo è un errore frequentissimo ed è una trappola in cui noi stessi siamo caduti molte volte, specie quando il cliente ha condotto una propria e autonoma analisi del fabbisogno. Ma sono state tantissime le volte in cui ci siamo resi conto che l’analisi non coincideva col reale bisogno dei team e dei loro membri. Spesso, ad esempio, il bisogno era più relativo al team working, che non sul team building. Cercare di costruire qualcosa che già esiste, diventa frustrante e rischia di peggiorare le dinamiche del gruppo. Per questo motivo abbiamo sviluppato l’abitudine di ripetere sempre e comunque una nostra analisi, e di avere sempre un piano B e C da usare nel momento in cui, grazie all’analisi on-training, ci accorgiamo di un bisogno diverso da parte del gruppo.

Vi faccio un esempio pratico: tre anni fa una grandissima multinazionale ci ha chiesto un team building di due giornate per il proprio team di direzione. Dopo aver svolto una pre-indagine, abbiamo persuaso il committente a non definirla attività di team building, in quanto molti membri del team si conoscevano e lavoravano insieme da più di dieci anni. Il meta-messaggio poteva sembrare squalificante. Ci siamo così orientati al concetto di teamwork. Siccome poi è stata scelta una modalità in cammino (nostra esclusiva), lo abbiamo semplicemente chiamato TEAM WALKING.

Inoltre hanno acconsentito a farci incontrare il team in anticipo per un brief di analisi e conoscenza di gruppo di circa 2 ore e per svolgere dei colloqui individuali one-to-one con tutti i partecipanti. In questo modo i partecipanti si sono sentiti attori del progetto e non semplici fruitori che subivano un intervento formativo deciso dal loro team manager.

2 – scegliere attività che alimentano logiche di competizione, anziché di cooperazione

Questo è uno degli errori più gravi. Non riusciamo proprio a capire quale sia il vantaggio in termini di team building, quindi di costruzione della squadra, nel momento in cui la maggior parte delle attività prevedono la suddivisione del gruppo in piccole squadre che debbano competere tra loro. Abbiamo visto anche attività di team building con le premiazioni: i primi classificati, i secondi, gli ultimi e i non classificati. Come se nel mondo del lavoro fosse già poca la competizione. Se si parla di team building, e quindi fare e far fare squadra, bisogna stimolare le logiche di cooperazione, condivisione e fiducia. E non le logiche di competizione. Non servono punteggi, arbitri o gare, ma obiettivi sfidanti che il gruppo nella sua totalità deve raggiungere, attraverso lo sviluppo di dinamiche cooperative. In alcuni casi, se dall’analisi dei bisogni è emerso che il gruppo tende a competere internamente, si possono scegliere attività che apparentemente stimolano la competizione, ma che si possono risolvere solo con la massima cooperazione. In questo caso la competizione diventa la trappola da conoscere per poi scegliere, anche emotivamente, di propendere al collaborare.

Ma se ci sono vincitori e vinti, premiati e non classificati, secondo noi c’è team building.

3 – scegliere attività inadeguate (per banalità, possibilità di ricontestualizzazione o pericolosità)

Altro errore frequente è la scelta di attività inadeguate agli obiettivi di team building assegnati. Questa inadeguatezza solitamente è relativa a tre aspetti.

Il primo riguarda la banalità delle attività. Sono molti i team che, a causa di esperienze precedenti molto negative, ci hanno implorato di non fargli fare i “giochini”. Quando abbiamo chiesto informazioni, molti ci hanno restituito che in altre esperienze si sono sentiti banalizzati e trattati come bambini. Magari divertendosi anche, ma poi si sono chiesti quale fosse l’utilità delle attività svolte. E quando abbiamo indagato le attività e le modalità di lancio, conduzione e debriefing non abbiamo potuto fare a meno di concordare con i clienti. Molte attività risultano inadeguate per la loro distanza, anche metaforica, dalle dinamiche del gruppo di lavoro, il che rende difficile, se non impossibile, la ricontestualizzazione. Le attività devono essere un’analogia delle dinamiche che il team affronta quotidianamente o ciclicamente. Se sono troppo diverse vengono considerate inutili o banali. Così come bisogna stare attenti anche alla pericolosità delle attività. Almeno che non si venga ingaggiati da un team di sportivi o che non ci sia una motivazione particolare, non ci può essere team building se non c’è sicurezza fisica e psicologica (o percezione di essa). Il team deve sentirsi al sicuro. Così un cliente una volta ci ha raccontato che in un’attività di speleologia 3 membri su 20 hanno deciso di non partecipare e dei 17 rimasti 2 non sono scesi in grotta ed 1 si è poi fatto male costringendo il team ad interrompere l’attività. Risultati? Disastrosi!

4 – non focalizzarsi sul team, ma su altro (sulle attività, sulla teoria, sul trainer, etc…)

Il focus degli interventi e delle attività di team building deve essere sul team, e non sull’attività, sulle varie teorie, sul trainer o su altro…

Molti team builder mettono al centro l’attività, come se fosse qualcosa di magico e soprannaturale che riuscirebbe a far fare squadra a chiunque. Non è così! Anzi, è una trappola. Se a me piacciono le arti marziali (che pratico dal 1991) e ho trovato giovamento dalla pratica, non vuol dire che gli stessi benefici possano valere per tutti. E ancor meno se praticate per poche ore e inserite in un’attività di team building. Comprendo la fiamma della passione, ma non possiamo correre il rischio di “bruciare” gli altri. Così come per le attività ludico-esperienziali: se il focus è troppo sull’attività, si perde di vista la centralità del team. Un altro errore di focus è l’eccesso di teoria: in molti team building i trainer spiegano, spiegano, spiegano, spiegano… “Bisogna dar fiducia”, “Fate squadra”, “Bla, bla bla…”: parole e teorie che annoiano e stancano. Bisogna però stare attenti a non cadere anche nella trappola della “zero-teoria”, o “zero riflessioni, solo divertimento”. In questo senso è un grave errore anche non lasciare abbastanza spazio al team e ai membri in caso di riflessione (de-briefing).

5 – considerare il team building un’attività, anziché un processo

Il team building non è un’attività: è un processo! Le varie giornate di team building devono quindi inserirsi in questo processo ed uscirne, facendo in modo da raggiungere l’obiettivo richiesto, che può essere di facilitazione o di riorientamento. Per questo i team builder devono responsabilizzarsi e non limitarsi al “vi facciamo vivere una bella esperienza o una bella giornata“. Il momento di team building, anche se viene vissuto come una piacevole pausa, deve inserirsi nel continuum lavorativo di tutti i giorni e nel processo di costruzione e consolidamento del team.

Questi sono, secondo noi, i principali errori.

Voi cosa ne pensate?

Buon team building…
 
Piercarlo
 
 
PS: scopri il nostro videocorso “Team Building ONLINE”

 

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Taggato in: formazione, formazione aziendale, hr, team building, ufficio formazione, ufficio hr

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