L’importanza della community nel Coaching
Diventare bravi non basta.
Nel tempo bisogna far “manutenzione” alla propria bravura.
Specie in una disciplina relativamente giovane ed in continua evoluzione come il coaching.
E quando si diventa bravi (o si crede di esserlo diventati), la più grande trappola da evitare è l’autoreferenzialità, l’assenza totale di confronto con altri punti di vista.
In FYM cerchiamo di stare molto attenti a questo rischio e lo facciamo grazie alla nostra community.
Incontriamo molti coach esterni alla nostra Scuola Coaching che restano sorpresi dalla vivacità della nostra community.
Alcuni si sono aperti di più, lamentando una forte “solitudine”, che noi abbiamo definito la “solitudine dei coach”.
Ma quando un coach è solo?
Hai la “solitudine dei coach” se:
– non assisti ad almeno 3 casi di coaching interi con clienti reali condotti da altri con la possibilità di avere momenti di feedback e di confronto;
– nessuno assiste ad almeno 3 casi reali condotti da te con la possibilità di ricevere feedback e di attivare un confronto sul tuo approccio e sul tuo stile di coaching;
– non hai nessuno a cui chiedere in caso di dubbi su un caso specifico e per te nuovo;
– se non hai abbastanza contatti di colleghi in modo da poter chiedere informazioni su qualsiasi tipo di caso;
– se non hai uno “spazio” e un “luogo di pari” da cui attingere aggiornamenti e con cui condividere le tue idee;
– se non hai una community che stimola riflessioni sulle tematiche del coaching e sulla casistica.
Dentro di me ho sempre considerato come rischiosa questa “solitudine”, tipica di molti liberi professionisti. Motivo per cui ho sempre condiviso con il mio collega Alberto De Panfilis il mio percorso professionale, e motivo per cui ora insieme lo stiamo condividendo con Monica, Valentina e con tutti gli altri coach che fanno parte della nostra community.
Una community dove il confronto è continuo e che è caratterizzata da modalità e numeri unici in tutta Europa e che puoi vedere in questa immagine:
È il calendario della prossima settimana, dove ci sono:
– 7 sessioni di coaching fissate nei Coaching LAB, dove c’è la supervisione in diretta di un docente (azzurro e blu);
– 14 sessioni di coaching in Extra LAB, che permettono di seguire casi reali in qualsiasi orario, di cui 4 condotte da Master Coach docenti della Scuola (di cui una sessione è di team coaching) e 10 sessioni condotte dai corsisti della scuola.
Questo è il nostro “antidoto”, il nostro modo di evitare la solitudine dei coach: creare occasione di pratica continua e di confronto, che permette un miglioramento continuo, feedback incrociati e confronti aperti.
Una scelta fatta anni fa… perché non volevo essere un “coach solo”… e non volevo essere “solo un coach”!
E per chi ha qualche dubbio, c’è la possibilità di sperimentare questa nostra formula anche solo per un mese… e verificare se aiuta a sentirsi meno soli e in continuo miglioramento…
Vi saluto con una frase che mi ha colpito moltissimo:
“La crescita è uno sport di squadra”
Robert Kiyosaki
Buona “compagnia” e buon “gioco di squadra” nel coaching!
Piercarlo
moolto interessante