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Le aree di competenza del Coaching - FYM blog

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Piercarlo Romeo
lunedì, 29 Agosto 2022 / Pubblicato il Blog

Le aree di competenza del Coaching

coaching-competenza
 

Quali sono le aree di intervento del Coaching?

 
In più articoli abbiamo dichiarato pubblicamente e a gran voce che il Coaching si occupa di obiettivi, talenti, potenziale e performance. In particolare quest’ultima definisce l’area di competenza per eccellenza dei servizi di Coaching.

Ma quante e quali sono le aree di competenza del Coaching?

Come definirne i confini?

In questo campo, purtroppo, c’è ancora confusione e “fumo”. Sono molti i coach che si propongono come dei “mister aggiustatutto” e molti di questi propongono interventi che a nostro avviso non sono di competenza del coaching.
E fino ad ora non ci sono norme e regole chiare e condivise.
Quello che scriverò quindi in questo articolo è solamente il mio e il nostro punto di vista.

E per definire le aree di competenza, ho deciso di partire dalle tipologie di coaching individuate dalla norma UNI 11601:2015 pubblicata il 12 novembre 2015, che al punto 4.2 definisce come “le più diffuse” le seguenti tipologie:
– Business
– Career 
– Corporate 
– Executive
– Life
– Parent
– Performance
– Sport 
– Targeted 
– Teen

Personalmente trovo queste aree improprie e fuorvianti, e molte di esse non le considero le più diffuse. E credo che una norma non possa limitarsi ad indicare le “aree più diffuse”, ma debba definire le aree e gli ambiti di applicazione con maggior chiarezza, esattezza ed inequivocabilità.

Nonostante la diffusa e classica divisione in tre categorie (Business, Life e Sport Coaching), gli ambiti e le aree di competenza, ripeto dal mio e dal nostro punto di vista, sono solamente due: business e sport, le aree per eccellenza della performance.

So che attirerò molte antipatie, ma noi non concepiamo altre tipologie e ora ne spiegherò i motivi.

Ma torniamo alle tipologie definite dalla norma UNI, di cui riporto di seguito la schermata:

 

BUSINESS COACHING

Il Business coaching è il coaching applicato al mondo della performance professionale e lavorativa e secondo me/noi contiene tre delle tipologie indicate dalla norma 11601:
– Career coaching, per lo sviluppo della carriera del coachee;
– Corporate coaching, quando l’intervento sul singolo (o sui singoli) è richiesto dall’organizzazione e il progetto di sviluppo della performance individuale si inserisce in un progetto di sviluppo della performance organizzativa;
– Executive coaching, è il servizio che si rivolge a top manager, imprenditori e figure dirigenziali.

Si possono poi aggiungere altre categorie di Business Coaching, specifiche per settori, come il Coaching Scolastico (che si rivolge ad insegnanti e dirigenti scolastici), o relative a particolari fasi della vita professionale individuale ed organizzativa, come ad esempio il coaching per le start-up, per l’out-placement, per l’orientamento o per la riqualificazione professionale.

Ad ogni modo in ambito business non vediamo grossi rischi o limiti, ad eccezione di una tipologia di casi a cui noi stiamo molto attenti: le aziende familiari, che spesso hanno delle dinamiche lavorative e relazionali sottese, inevitabilmente, dalle dinamiche familiari, che a loro volta risultano spesso di natura patologica. In questi casi, anche se si parla di “business” è forse meglio farsi affiancare da uno psicologo o uno psicoterapeuta specializzato in dinamiche familiari e sistemiche o, come facciamo noi, delegare direttamente il caso allo specialista.

 

LIFE COACHING

Quest’area, secondo noi e concordando con molti psicologi, non dovrebbe essere di competenza del coaching, o comunque meriterebbe definizioni più precise. La norma scrive che il life coaching si occupa di “facilitare le persone a elaborare programmi concreti di autosviluppo ed autoefficacia verificabili attraverso obiettivi concreti; può essere utilizzato in ogni aspetto della vita privata delle persone. In particolare in momenti di cambiamento o di passaggio attraverso le diverse fasi della vita“.
Personalmente non concordo e trovo questa definizione generica e pericolosa nella sua genericità.
Va bene l’autoefficacia e l’autosviluppo, ma quel “può essere utilizzato in ogni aspetto della vita privata delle persone” per me è inaccettabile. Cosa vuol dire in ogni aspetto della vita privata? Se uno ha problemi sessuali si rivolge ad un coach? Se uno ha difficoltà coniugali o nel processo educativo dei figli chiama un coach? Se uno attraversa un periodo di malattia si rivolge ad un coach? Secondo me no… anzi…
Io personalmente e noi come scuola, abbiamo deciso di non occuparci di life coaching, in quanto in molti casi potrebbe essere al confine con l’esercizio abusivo della professione dello psicologo e/o dello psicoterapeuta. Individuare logiche di performance nella vita privata, non è sempre facile. E aggiungo che secondo noi la maggior parte dei casi di life coaching, in realtà sono di competenza di altre figure professionali e, come già detto più volte, un vero professionista si riconosce più dai casi e dai lavori che non accetta e che rifiuta (con doverose motivazioni) che dai casi e dai lavori che accetta.
E lo stesso discorso, secondo me e noi, vale per i “pericolosi” “parent coaching” e “teen coaching”.
La genitorialità è un tema complesso e delicato che non può essere trattato con logiche di performance. Nella genitorialità non si vince, non si gareggia, non si performa. Inoltre, qualora dovessimo individuarla la performance non è individuale. Insomma, il tema della genitorialità è talmente complesso e delicato che secondo me/noi può essere affrontato solo con professionisti altamente specializzati e appartenenti ad altre categorie professionali.
E penso lo stesso dell’adolescenza, oggetto di “teen coaching”. A parte che io sconsiglio vivamente di svolgere coaching con minorenni, se con le dovute autorizzazioni di entrambi i genitori e con delle procedure a tutela del minore e del professionista; ma anche accettando di rispettare tali procedure, l’adolescenza è un tema, secondo me, ancor più complesso e più delicato, della genitorialità. Non ci sono ancora studi sull’efficacia del coaching per gli adolescenti, così come bisogna stare attenti ad affrontare con logiche di performance questa fase dello sviluppo. Anche in questo caso ci sono altre figure professionali, come gli psicologi dello sviluppo e i pedagogisti. Un esempio? A me è stato chiesto di seguire un ragazzo vittima di bullismo, ma mi sono immediatamente rifiutato. I genitori hanno insistito molto in quanto sapevano che sono anche un insegnante di arti marziali, ma il mio lavoro da coach professionista, è stato di rivolgersi a chi ha competenze diverse ed esperienza specifica con gli adolescenti e con le dinamiche del bullismo.
Insomma, secondo me/noi, le aree life, teen e parent sono rischiose e non dovrebbe essere inserite tra gli ambiti di competenza del coaching. E qualora le si volessero inserire, bisognerebbe prima condurre una seria ricerca sugli effetti, le modalità e soprattutto gli di intervento.

Veniamo poi ad altri due tipologie di coaching inserite nella norma: il targeted e il performance coaching. Personalmente non ne comprendo il senso, né delle tipologie e né delle definizioni inserite nella norma. Io considero queste due tipologie come due definizioni pleonastiche: il coaching lavora sulla performance e sugli obiettivi (target).

 

SPORT COACHING

Infine si arriva alla seconda macro-area di competenza del coaching: lo sport coaching.
Lo sport, area in cui si è sviluppato il coaching moderno, è l’area per eccellenza dello sviluppo della performance e quindi è uno dei principali “terreni di gioco” della disciplina del coaching. Anche in quest’area però bisogna definire gli ambiti di intervento. Vi faccio un esempio pratico: per anni ho seguito un atleta ventenne di livello nazionale che andava da una psicoterapeuta per migliorare la relazione con i propri genitori (separati e molto presenti nel suo sport) mentre con me lavorava solo ed esclusivamente sulla performance sportiva. Abbiamo lavorato solo sull’attivazione, sulla gestione della tensione pre-gara e sulla gestione dello stress nei momenti in cui otteneva punteggi molto alti da difendere nelle performance successive. Punto, nulla di più. Le sue dinamiche familiari le lavorava con una specialista.
Così come ho seguito e seguo atleti di vari sport, concentrandoci solo sulle performance sportive.
 
Per riassumere il mio e il nostro punto di vista, ribadisco che il Coaching si dovrebbe applicare a due soli ambiti: il Business e lo Sport.
 
Buon coaching!
 
Piercarlo 
 
 
Ps: se vuoi orientarti meglio nel mondo del Coaching, conoscere i principi e i pilastri del Coaching, le norme italiane, i contesti internazionali e i differenti modelli e approcci, ti consiglio di partecipare al nostra corso “Principi di Coaching“, che ha l’obiettivo di gettare solide basi, chiare e concrete, e facilitare l’orientamento e le scelte in un settore complesso e ancora confuso come quello del Coaching.

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Taggato in: coach professionista, coaching, coaching strategico, principi di coaching, scuola coaching, uni11601

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