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Piercarlo Romeo
domenica, 22 Novembre 2020 / Published in Blog

Partita interiore? Attenzione: la tua mente non è un avversario!


 

La mente: avversario o alleato?

 

Si parla sempre più spesso di “partita interiore” e “partita mentale”: un argomento che prese il via con la pubblicazione, nel 1974, del libro “The inner game of tennis” – Il gioco interiore del tennis – scritto da Timothy Gallwey.

Un tema affascinante e che sempre più diventa di interesse per allenatori, atleti, squadre sportive professionistiche e che, a ben 46 anni di distanza dalla prima pubblicazione, è per molti ancora sconosciuto.

La frase che più spesso viene citata e che per moltissimi è il manifesto del Mental Coaching Sportivo è la seguente: “L’avversario che c’è nella nostra mente, è molto più forte dell’avversario che c’è dall’altra parte della rete“, proprio di Gallwey.

Affascinante, densa, piena di concetti e che molti di noi hanno sperimentato in prima persona nello sport… ma anche nel business e nella vita.

In questa frase c’è però, secondo noi, un pericolosissimo meta-messaggio o framing, a cui, secondo noi, è bene fare attenzione: la mente è considerata un avversario.

E non solo: è considerata un avversario fortissimo!

Il rischio è che questo frame possa alimentare una profezia che si autoavvera: considerando la mia mente un avversario, questa inizia ad esserlo… e, ovviamente, è anche molto forte.

Diverso, invece, sarebbe partire dall’idea che la mente ha le sue dinamiche e che queste devono in qualche modo diventare nostre alleate.

E la vera abilità nel Mental Coaching Sportivo, secondo noi, è nel rendere qualsiasi aspetto mentale un alleato.
Un esempio pratico?

Molti Mental Coach parlano sempre e solo di FOCUS, di concentrazione e di consapevolezza.

Ma siamo sicuri che la performance sia sempre regolata dalla concentrazione, dalla massima consapevolezza e che sia sempre tutto così logico e lineare?

In molti sport, ad esempio, la performance ideale si sviluppa in uno strato di trance agonistica.

In altri sport, invece, proprio la capacità di distrazione (defocus) diventa una risorsa irrinunciabile. Ma quanti considerano la distrazione e la defocalizzazione come una risorsa? E quanti la allenano per attivarla a comando quando potrebbe servire? La maggior parte, per non dire la quasi totalità, considerano la distrazione e il defocusing come un nemico o un avversario da fuggire e da evitare, rendendo una dinamica mentale un ostacolo e rendendola così, paradossalmente, più forte di quanto dovrebbe essere.

Si cade così nella trappola delle Tentate Soluzioni: concentrandosi solo sulla concentrazione (gioco di parole voluto), paradossalmente si aumenta il potere delle distrazioni…

Dobbiamo invece partire dalla tipologia di performance e dalle caratteristiche uniche ed individuali del performer, sapendo che non tutto è logico e lineare.

Per questo nel 2015 abbiamo ideato la Sport Performance Map: uno strumento che permette di mappare la performance per capirne le dinamiche e per individuare risorse laddove molti vedono ostacoli e avversari. Le performance sono diverse tra loro e dobbiamo partire da queste differenze.

I 100 metri in media durano 10 secondi e un ultra-maratoneta arriva a correre anche per 30 ore: entrambi “corrono”, ma c’è una notevole differenza tra le due performance.

Laddove nei 100 metri si può parlare di focus o di, meglio ancora, trance agonistica, nelle ultramaratone serve un assetto mentale variabile, che permetta di fluttuare tra più stati mentali (focus ai ristori e ai bivi, de-focus dal dolore e dalla stanchezza, etc…) e di gestirli tutti al meglio in base al momento e agli obiettivi di performance.

Come è possibile gestire il proprio stato mentale per 30 ore? Quale illuso può credere di essere concentrato per 30 ore?

In 30 ore di performance gli stati mentali sono tanti, variabili e nessuno di questi stati deve essere considerato un limite, un ostacolo o un avversario; ma è, può e deve diventare risorsa e alleato.

Questo è secondo noi l’obiettivo del Coaching e del Mental Coaching Sportivo.

Ma se preferite, continuate pure a considerare la mente come un avversario e cercate di vincerla…

 
Piercarlo
 

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Tagged under: coaching, coaching strategico, gioco interiore, inner game, mental coaching, performance coaching, sport coaching, sport performance map, tim gallwey

1 Comment to “ Partita interiore? Attenzione: la tua mente non è un avversario!”

  1. Raimondo Alba says : Rispondi
    27 Novembre 2021 at 17:23

    Buonasera Piergiorgio, sono un amante degli sport di endurance, e vorrei approfondire per conoscermi meglio l’aspetto del defocusing, e allearmi con la mia parte interiore…. Vorrei conoscere i vostri supporti e percorsi, grazie buon we

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