Qual è la miglior metodologia di Problem Solving?
Forse non esiste una risposta a questa domanda. Ma possiamo dire quali sono le risposte che fino ad ora l’uomo ha dato alla ricerca di soluzioni efficaci a problemi apparentemente irrisolvibili.
In questo viaggio noi abbiamo individuato principalmente 3 orientamenti:
– metodologie PROBLEM oriented;
– metodologie SOLUTION oriented;
– metodologie ACTION oriented.
Le prime metodologie, PROBLEM oriented, si focalizzano sull’ANALISI DEL PROBLEMA. Da questo approccio si possono apprendere molti strumenti analitici e d’indagine che permettono di “investigare”, più o meno correttamente, le origini della problematica che si vuole risolvere. Purtroppo la maggior parte di queste metodologie va quasi sempre “a caccia” del motivo, della causa scatenante; ma in molti casi e in molte problematiche l’insorgere di una problematica è il risultato di concause che si intrecciano in relazioni di influenza reciproca molto complesse. Ovviamente, se non funziona il computer, cercare la causa è molto efficace, perché immediatamente ci fornisce anche la risposta su quale possa essere la soluzione. Ma se una persona ha il problema di fumare, o non va d’accordo con il proprio collega, siamo sicuri che sia funzionale cercare la causa? Siamo così sicuri di poter ammettere che ci sia una causa precisa e definibile? E se così fosse, siamo sicuri di poter dire che sia una sola e non un insieme di con-cause? E se fosse possibile scoprirle tutte con precisione, possiamo dire che conoscerle ci fornirebbe la soluzione certa, sicura e definitiva? Anche perché, scusate la banalità, ma la soluzione al problema del fumo, ad esempio, è semplice e si chiama smettere! E da qui viene l’ultima domanda: individuata la soluzione, siamo sicuri che sia sempre agita senza difficoltà e resistenze? Le metodologie analitiche dovrebbero distinguere i “problemi lineari” (come il computer che non funziona) dai “problemi circolari” (come il fumare o le problematiche relazionali). Ma comunque l’approccio Problem oriented ci regala e ci insegna i metodi dell’indagine del problema, di cui molti, in modo decisamente strategico, si orientano all’indagine del FUNZIONAMENTO del problema, più che sulle sue cause e origini.
Poi ci sono le metodologie SOLUTION oriented. “Cerca la soluzione“, “non pensare al problema pensa solo alle soluzioni“, “non chiamarli problemi, chiamali sfide“, e tante altre affermazioni di “tipo positivo” arrivano da queste metodologie. L’approccio Solution oriented si focalizza solo sulla ricerca delle soluzioni, tralasciando l’indagine del problema, e restituendo alla persona e alle organizzazioni la responsabilità di eventualmente agire le soluzioni individuate. Il grande assunto di questo approccio è che basta conoscere la soluzione per poi risolvere il problema. E anche qui già si intravedono alcuni limiti. Il primo è che in alcuni casi un’indagine almeno sul funzionamento del problema potrebbe essere funzionale e necessaria. Il secondo limite è nel pensare che basta cercare soluzioni per trovarle e che una volta trovate basta conoscerle per metterle in atto. Probabilmente non è così, o almeno non in tutti i casi. Le metodologie Solution oriented, spesso fanno anche un altro grave errore: molte si concentrano principalmente sulla motivazione. Se vuoi puoi. Se vuoi smettere di fumare lo puoi fare. E se non lo fai, allora non lo vuoi veramente! Siamo sicuri che sia funzionale un atteggiamento così categorico e spesso squalificante? D’altra parte, però, gli approcci Solution oriented ci regalano le tecniche di ricerca delle soluzioni, la capacità di orientare e di orientarci da un passato irrisolvibile e non trasformabile ad un futuro risolto. Le metodologie Solution oriented ci regalano molte tecniche generative funzionali ad un buon problem solving.
Infine, le metodologie ACTION oriented, si focalizzano solo sull’agire tante soluzioni fino a quando non si trova quella adeguata. Non sai cosa fare? Basta che tu faccia qualcosa! Definisci delle azioni e inizia da una qualsiasi! Il focus è principalmente sulle azioni e sui comportamenti. Questo approccio è caratteristico di chi “le prova tutte”, o di chi “insiste su un’unica soluzione all’infinito” (cadendo nella trappola della tentata soluzione disfunzionale). Queste metodologie richiedono molte risorse e molte energie, fisiche, mentali e spesso anche economiche. E i suoi limiti sono evidenti, perché spesso non solo non si risolvono i problemi, ma aumenta la frustrazione e la stanchezza. Ma anche questo approccio ci regala qualcosa di utile: l’orientamento all’azione e la pianificazione delle azioni.
Personalmente ho sempre avuto una predilezione per gli approcci esclusivamente solution e action oriented, fino a quando non ho conosciuto il Problem Solving Strategico © del Prof. Giorgio Nardone.
Una vera e propria illuminazione.
Il principio è, apparentemente, molto semplice: laddove ogni approccio è funzionale in alcuni casi e disfunzionale in altri, è bene sviluppare un modello integrato che prenda il meglio da ogni approccio, con processi flessibili ma rigorosi (il che riduce la possibilità d’errore mantenendo l’attenzione alla personalizzazione caso per caso).
Per me che sono appassionato di arti marziali da 26 anni è stata una vera e propria illuminazione: esiste un modello di Problem Solving che ha fatto quello che fece Bruce Lee nelle arti marziali. Si scelgono solo le tecniche che funzionano e si integrano in un modello che permette di capire, in base al contesto e all’avversario, come “combattere”.
Per questo motivo, il Problem Solving Strategico © contiene in sé tutti e tre gli approcci, in un modello di ricerca-intervento che è anche autocorrettivo nel suo procedere.
Il Problem Solving Strategico © è problem oriented nell’indagine del problema e nella comprensione del suo funzionamento, compresa la ricerca delle tentate soluzioni e delle eccezioni positive. E non solo. Tiene anche conto del fatto che non tutte le problematiche hanno una logica ordinaria, non andando a “caccia di streghe” inseguendo cause univoche che spesso non esistono. È problem oriented anche in alcune tecniche, come ad esempio la tecnica del “come peggiorare”, che controintuitavamente permette di far emergere tentate soluzioni e potenziali autosabotaggi.
È solution oriented nella definizione degli obiettivi e degli indicatori di risoluzione, nella ricerca delle possibili soluzioni e nel superamento delle resistenze al cambiamento. E con alcune tecniche, come lo “scenario oltre il problema” permette di orientare la persona o l’organizzazione da un passato problematico ad un futuro risolto, fornendo “energia” per agire diversamente nel proprio presente. E con molte sue tecniche, come ad esempio la “tecnica dello scalatore”, definisce anche la corretta (almeno idealmente) sequenza di azioni da eseguire e i possibili rischi in ogni passaggio.
Ed è anche action oriented, nel richiedere esplicitamente di fare qualcosa nell’immediato ed osservarne gli effetti su di sé e sulla problematica: ecco che la tecnica del “primo piccolo passo” facilita e supporta l’agire. Un agire consapevole ma di cui non sempre si è consapevoli degli effetti che produrrà. Per questo, molto spesso, ci si sorprende degli effetti quasi magici di alcune soluzioni apparentemente semplici.
Le abilità di Problem Solving sono necessarie in alcune attività come il Coaching, il Counselling, il Project Management, l’Imprenditoria, l’Insegnamento, la Gestione delle Risorse Umane e il Management e sono sempre più richieste in ambito aziendale e nel mondo dello sport.
Non mi resta che invitarvi al corso di PROBLEM SOLVING e di augurarvi tante buone soluzioni, divertenti, innovative e creative.
Piercarlo
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Grazie per questo articolo. Mi è piaciuto molto. Trovo interessanti tutti gli articoli che inviate per email. Ho letto tutti i libri di Giorgio Nardone e mi è piaciuto molto il suo paragone con le arti marziali e la scelta delle tecniche migliori (in base al contesto e all’avversario, come “combattere”.). Nardone fa spesso riferimento ai 36 stratagemmi cinesi, dove conoscenza del contesto, dell’avversario e come combattere, sono fondamentali per la “vittoria”. Personalmente, ho trovato rivoluzionario l’approccio di Nardone.
[…] I 3 orientamenti integrati del problem solving (articolo FYM) […]
Grazie per questo contributo molto interessante.
Un ottimo articolo che sintetizza molto bene il problem solving strategico evidenziandone le caratteristiche che lo rendono uno dei modelli più efficaci.
Mettendolo in pratica mi sono reso conto della potenza del modello e dell’impulso che questo contribuisce a dare al cambiamento, specialmente se affiancato alla comunicazione strategica e al protocollo tutto che vi contraddistingue.
[…] A tal proposito puoi leggere l’articolo “I tre orientamenti (integrati) del Problem Solving“. […]