Le soft skills diventano hard in alcuni ruoli
Il mondo del lavoro si è sempre concentrato sulle conoscenze e sulle competenze dei lavoratori.
Semplificando, possiamo dire che con il termine “conoscenza” intendiamo il “SAPERE”, mentre per competenza intendiamo il SAPER FARE.
Guy Le Boterf (1994) definì la competenza come “un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato”.
Rosario Drago (2000) scrive: “La competenza è essenzialmente ciò che una persona dimostra di saper fare (anche intellettualmente) in modo efficace, in relazione ad un determinato obbiettivo, compito o attività in un determinato ambito disciplinare o professionale. Il risultato dimostrabile ed osservabile di questo comportamento competente è la prestazione o la performance”. Drago aggiunge il fattore percezione: si può considerare competenza solo ciò che negli effetti (performance) risulta tale.
“Dare a tuo figlio una competenza è meglio che dargli mille monete d’oro.”
– Proverbio cinese –
Nel mondo del lavoro si fa differenza tra le HARD skills e le SOFT skills.
Le HARD skills rappresentano le “competenze tecniche” che contraddistinguono l’attività specifica.
Le SOFT skills, invece, sono le cosiddette “competenze trasversali”, che possono essere applicate ad altri contesti e che non sono propriamente legate all’attività specifica svolta.
Ad esempio, per un autista di bus pubblici, il saper guidare un particolare mezzo è tra le hard skills; mentre il saper interagire con i viaggiatori in modo cortese e gentile, è tra le competenze soft.
Conoscere le procedure aziendali in caso di guasto tecnico, è tra le competenze tecniche, mentre saper fare squadra con i propri colleghi tra le competenze trasversali.
Ultimamente il mondo del lavoro si sta concentrando sempre di più sulle SOFT skills, proprio per questa loro flessibilità applicativa: si pensa che le abilità soft caratterizzino la persona e che possano essere attivate e agite in più contesti, in più situazioni e su vari compiti e incarichi.
Un collaboratore che ha competenze relazionali, tenderà ad applicarle in ogni sua attività: dalla riunione con il suo capo al meeting con i clienti; dalla conferenza stampa all’evento aziendale.
Per questo motivo alcune competenze trasversali sono sempre più richieste.
Al mondo del lavoro non basta più chi sappia svolgere un compito specifico, ma serve chi riesca ad applicare competenze soft a vari compiti e varie attività.
Ecco che sempre più vengono cercate competenze di comunicazione, problem solving, empatia, leadership, team working, stress management, coaching, autonomia organizzativa, proattività, creatività, responsabilità, flessibilità, etc…
Con la crescita professionale e lo sviluppo di carriera, alcune competenze trasversali diventano sempre più importanti e centrali.
Quando si diventa manager, ad esempio, le competenze trasversali risultano necessarie: saper convocare, condurre e gestire riunioni; saper gestire lo stress; saper comunicare con i collaboratori e supportarli nelle sviluppo delle performance.
Un’analogia che spesso usiamo è quella delle forze armate: un generale non deve saper sparare come un tiratore scelto, ma deve sapere dove, come e quando impiegare un tiratore. Ecco che le competenze strategiche ed organizzative, che sono soft skills, nel suo ruolo sono più importanti di quelle hard, come il saper sparare.
Ipotizzando che per un impiego operativo le competenze trasversali abbiano un peso del 25%, seguendo il nostro ragionamento per gli incarichi manageriali tali competenze dovranno avere un peso maggiore, ad esempio il 50%, per arrivare fino al 75% per i ruoli di altissima direzione.
Il nostro è un ragionamento ipotetico, in quanto sappiamo benissimo che, ad esempio, nei ruoli operativi a contatto con il pubblico, le competenze trasversali di comunicazione, relazione e customer caring sono fondamentali ed hanno un peso elevato sul totale del profilo, anche se operativo.
Ma qualunque sia il settore, ci piace pensare che un manager debba avere, oltre alle conoscenze tecniche relative al proprio ambito di impiego, più competenze trasversali rispetto ai propri ruoli operativi. Competenze che influenzano direttamente il suo ruolo manageriale, come le abilità comunicative, relazionali, organizzative, negoziali, etc…
Salendo nella scala gerarchica, la nostra esperienza ci porta a dire che per l’alta direzione le soft skills diventano le competenze principali di ruolo.
Potremmo quasi dire che nell’alta direzione le SOFT SKILLS diventano le HARD SKILLS di ruolo.
Sappiamo che può essere un’affermazione forte, ma ragioniamoci insieme.
Solitamente l’alta direzione è circondata di ruoli ad alto valore tecnico: consulenti legali, consulenti tecnici, etc…
Quindi le abilità più richieste nell’alta direzione solitamente sono quelle strategiche, decisionali, organizzative, comunicative e negoziali: tutte competenze trasversali.
Per un direttore o un top manager non è un problema trovare supporto tecnico specialistico, internamente o esternamente all’azienda, mentre diventa fondamentale avere le risorse mentali, emotive e relazionali (competenze appunto trasversali) per capitalizzare al massimo gli eventuali suggerimenti tecnici.
Per un amministratore delegato, ad esempio, saper comunicare, anche attraverso le nuove forme digitali (video, video-call, dirette social rivolte alla propria community, interviste, etc…) diventa una competenza sempre più importante, per non dire essenziale. Non sarà un problema cosa dire, in quanto avrà il massimo supporto dall’ufficio di comunicazione interna; ma diventa essenziale saperlo dire nel migliore dei modi e in modo tale che sia influente su tutta l’organizzazione. Steve Jobs non doveva progettare l’iPhone, ma idearlo, dare indicazioni e poi presentarlo al mondo… anche in jeans e maglioncino nero!
Più si sale nella scala gerarchica delle organizzazioni e più le competenze centrali sono (e lo saranno sempre di più) le competenze trasversali.
Soprattutto in uno scenario di mercato caratterizzato da rapidi cambiamenti, le competenze soft diventeranno sempre più richieste e fondamentali.
Questa centralità delle competenze soft spiega come mai in grandissime multinazionali assumano manager che provengono da settori completamente diversi: abbiamo così manager provenienti dal settore automotive che si spostano nel settore chimico o manager farmaceutici che vengono richiesti nell’IT. C’è poi chi ci risponde che ad alti livelli si considera hard skill la unit di provenienza: per cui un HR manager IT che si sposta nel settore della logistica, lavorerà comunque nell’area delle risorse umane. Sicuramente è vero, motivo per cui contano anche le competenze hard. Ma abbiamo assistito anche a spostamenti apparentemente illogici: manager finanziari che sono diventati direttori commerciali e con ottimi risultati, o manager commerciali che sono diventati responsabili delle risorse umane. E la fiducia in questi “cambi d’impiego” poggiava proprio sull’osservazione e la valutazione delle competenze trasversali.
Possiamo così dire che in alcuni ruoli, soprattutto in quelli direzionali, le competenze soft sono talmente centrali e importanti che potrebbero essere considerate come le competenze hard di quel ruolo.
Per questo, anche se la maggior parte dei piani di formazione e aggiornamento professionale molto spesso sono focalizzati sulle competenze tecniche, il nostro suggerimento è di iniziare a sviluppare dei piani (più o meno strutturati) sullo sviluppo delle proprie soft skills. Aziendali e personali.
Buon lavoro e buone competenze trasversali!
Piercarlo
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