Passare dal reagire all’agire…
Che differenza c’è tra agire e reagire? Ultimamente mi sono trovato spesso a riflettere su questa distinzione ed è per questo che voglio condividerla anche con te.
Cosa cambia tra le volte in cui scegliamo di agire e le volte in cui parte la reazione?
In realtà ponendoti la domanda in questo modo ti ho già dato la risposta che mi aspettavo di sentire… le reazioni non le scegliamo, le azioni possiamo invece pianificarle, in modo che siano anche strategiche.
Di solito, perché si inneschi una REAZIONE dev’esserci anche una forte componente emotiva… una sorta di esplosione che ci fa comportare (reagire, appunto) in un modo quasi incontrollato. Si parla proprio di periodo refrattario quando ci si riferisce ai secondi (sono massimo una ventina) che arrivano subito dopo l’emozione. In quegli attimi non abbiamo la lucidità per scegliere cosa fare ed ecco che parte la REAZIONE.
Mi viene subito in mente il vecchio adagio: “Nei momenti più delicati, conta fino a dieci prima di dire o fare qualsiasi cosa…”. In effetti può risultare saggio concederci del tempo per scegliere come AGIRE.
In alcuni contesti non è solo preferibile AGIRE, ma dal mio punto di vista diventa necessario e doveroso farlo. Pensiamo ad un dirigente (o un insegnante) che riceve una provocazione da un collaboratore (o da uno studente). Entrambi hanno il coltello dalla parte del manico, nel senso che possono anche ricorrere a provvedimenti disciplinari; nel lungo termine però, cosa permetterebbe di ottenere più risultati, una REAZIONE o un’AZIONE?
A questo punto diventa chiaro che quando la maggior parte delle volte in cui REAGIAMO, è come se tenessimo in considerazione solo un’orizzonte di breve periodo. Al contrario, le volte in cui scegliamo di AGIRE in modo strategico, stiamo probabilmente prendendo come riferimento un’ottica di lungo termine.
Quali sono allora le AZIONI strategiche? Dipende… da chi siamo, da chi abbiamo davanti e da qual è la criticità che vogliamo affrontare.
Ad esempio di fronte ad una presunta menzogna, possiamo scegliere di fare più attenzione alla Comunicazione Non Verbale del nostro interlocutore, anziché reagire con disappunto o dando per scontata la “bugia”. Strategicamente possiamo anche scegliere di rendere vera la realtà che ci stanno raccontando, in modo da farla “crollare” sotto il suo stesso peso, nel caso in cui fosse davvero una menzogna.
Di fronte ad una comunicazione provocatoria, possiamo praticare ascolto attivo o attivare le opportune contromisure linguistiche, anziché limitarci a REAGIRE alla provocazione.
Il timore di molti è che passando dalle REAZIONI alle AZIONI si possa perdere parte della propria genuinità e divenire freddi calcolatori… be’, trovo questo timore più simile ad una REAZIONE. In alcuni contesti non è solo auspicabile compiere questo passaggio, ma anche doveroso!
Poi, con l’esercizio, si comincerà a farlo rientrare nel proprio stile, REAGENDO con un’AZIONE!
Buone (re)AZIONI a tutti… 😉
Alberto De Panfilis
[…] Leggi anche tu l’articolo che ho scritto per il blog FYM. […]
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