I bravi professionisti si riconoscono dai casi che non accettano e dagli argomenti che non trattano
Coaching: ormai questo termine si “appiccica” a qualsiasi cosa!
Da una parte può essere un bene, perché se ne parla e si diffonde la cultura del coaching.
Ma dall’altra si alimentano confusione, caos e falsi miti.
Un esempio?
Guardate la seguente pubblicità di un rinomato integratore.
Domanda: ma può un integratore alimentare essere un Coach? Lascio a voi l’ovvia risposta…
Ho già scritto su come noi definiamo il servizio di Coaching, ma bisogna definire anche cosa non tratta un Coach e di conseguenza di cosa non parla un Coach.
Sarà poi importante lavorare anche sul linguaggio che dovrebbe usare un coach per parlare degli argomenti propri del Coaching: ma su questo scriverò a breve.
Secondo me e secondo noi un Coach si occupa solo ed esclusivamente di performance, prestazioni, obiettivi (performativi), talento e potenziale.
Di conseguenza un Coach che non abbia altre qualifiche e altri titoli che glielo consentano (ma in questo caso non sarebbe comunque coaching ma l’espressione di u’altra professionalità), non dovrebbe proprio trattare alcuni argomenti o parlare di tematiche che non siano direttamente collegate al mondo della performance. Ma vediamo insieme quali.
GUARIGIONE
Il coaching non si occupa di guarigione, che è di esclusiva competenza dei professionisti sanitari, doverosamente titolati e qualificati. La guarigione è un tema delicatissimo, facile da usare per manipolare, promettere e ottenere secondi fini. Un medico che ha studiato coaching e che si occupa della guarigione dei propri pazienti/clienti, non fa il coach, ma fa il medico. Punto. E può farlo. Chi invece ha studiato solo coaching e si permette di occuparsi di guarigione, sta commettendo un grave reato: l’esercizio abusivo di una professione – art. 348 del codice penale.
Purtroppo, invece, il tema del coaching è da molti legato a tematiche di malattie e guarigione, e pur ammirandone le buone intenzioni, io lo trovo improprio e inappropriato.
BENESSERE e FELICITÀ
Il benessere e la felicità sono temi delicati, molto border-line. Molti sostengono che chiunque possa occuparsi di benessere e di felicità, e probabilmente è vero. Il problema è se chiunque se ne possa occupare in modo professionale e rivolgendosi a chiunque altro come professionista del benessere e della felicità. Anche queste due tematiche, come la guarigione, si prestano a manipolazioni e a facili promesse, col rischio di attrarre soggetti e clienti che possano aver bisogno di altro. Un esempio? Benessere e felicità risultano molto attraenti per chi soffre di depressione, che però non può essere seguito da un Coach ma deve essere indirizzato da uno psicoterapeuta.
Anche io personalmente mi interesso di benessere e a 360°, dagli aspetti mentali a quelli fisici, da quelli emotivi a quelli relazionali, ma lo faccio nella mia sfera personale del “conoscere e curare me stesso”… e solo me, e non gli altri. Sono felice? Penso di sì, ma non per questo sento di poter aiutare gli altri professionalmente nell’esserlo. Non che non possa aiutare gli altri ad essere più felici e probabilmente lo faccio anche, ma è diverso farlo da professionista con tanto di compenso economico. E se decidessi di occuparmi di benessere e felicità professionalmente, rispettando ciò che sto sostenendo in questo mio articolo, non ascriverei questo mio impiego nell’ambito del coaching; probabilmente mi definirei semplicemente “esperto di benessere e felicità”.
Per questo motivo, personalmente e come organizzazione, abbiamo deciso di non occuparci di quello che molti chiamano “Life coaching”: il motivo principale è che la maggior parte dei casi non è propriamente di competenza del coaching (in quanto non sono sottesi da performance).
TEMATICHE di BUSINESS DI COMPETENZA DEGLI PSICOLOGI O DEGLI PSICOTERAPEUTI
Il benessere sul lavoro è importantissimo anche sul lavoro, ma anche in questo campo è diverso dalla performance. Anzi, in molti ambienti lavorativi alcune difficoltà sono legate all’eccessivo orientamento ai risultati e alle performance. Di conseguenza, secondo me/noi, anche in ambito Business e Professionale, il Coaching non si occupa di tematiche che sono al confine tra il disagio e il benessere, come ad esempio il burn out, lo stress da lavoro correlato, il mobbing, le dinamiche relazionali tipiche delle aziende familiari o l’autostima. Per questi aspetti è meglio rivolgersi a psicologi del lavoro o psicoterapeuti specializzati.
MOTIVAZIONE, ESALTAZIONE e ATTIVITÀ ESTREME
La motivazione è importante, sicuramente, ma non è tutto. Il Coaching si occupa anche di motivazione, ma in stretta correlazione agli obiettivi e/o alle performance oggetto di lavoro. Allo stesso modo, molti pensano che il coaching sia avere atteggiamenti esaltati e stimolare gli stessi anche negli altri. Urlare a squarcia gola i propri obiettivi, ballare, battersi il cinque e dirsi “sei un grande” (che se poi lo sei non hai bisogno di dirtelo e di sentirtelo dire… vabbè), indossare magliette con scritto “sono me stesso” (perché, chi altro potresti essere?), buttarsi dai ponti, guadare un fiume o altre esperienze forti e ad alto impatto emotivo, non ha nulla a che vedere con il coaching. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di performance, e probabilmente lo è, ma io mi chiedo quale sia la correlazione con il Coaching. Sicuramente può essere utile e importante “sfidare sé stessi” e puntare a migliorarsi in vari ambiti della propria vita; ma è diverso dal considerare solo alcune specifiche sfide e associarle direttamente al Coaching.
ENERGIA, NUMEROLOGIA, SCIAMANESIMO e ALTRE PSEUDO-DISCIPLINE
Molti Coach parlano di “energia”, “energie sottili”, “flussi”…
C’è poi chi collega i chakra agli arcangeli del cristianesimo e i meridiani della medicina tradizionale cinese agli archetipi junghiani. Alcuni Coach parlano di “persone tossiche”, “energie negative”, “vampiri energetici” e “tira-giacche“, non rispettando così i valori del coaching per due motivi:
1 – alimentano logiche di deresponsabilizzazione di sé e colpevolizzazione degli altri (se tu sei un vampiro energetico è tua la colpa delle mie basse performance);
2 – l’approccio interazionale sviluppato dal gruppo di Gregory Bateson presso la famosa Scuola di Palo Alto, ha dimostrato che molte “difficoltà” non sono caratteristiche della persona, ma della relazione. È quindi improprio, inopportuno e deresponsabilizzante definire qualcun altro come “tossico”: tossica può essere la relazione che si è stabilita tra noi e quel qualcuno. E siccome si parla di relazione, c’è sempre una corresponsabilità.
Per farla breve: molti approcci sembrano molto più vicini alla “stregoneria” che ad un intervento professionale quale dovrebbe essere il Coaching.
ADOLESCENZA, GENITORIALITÀ, FAMIGLIA, BULLISMO
Un’altra area molto delicata è quella relativa alla famiglia e allo sviluppo dei bambini e dei ragazzi, dove bisogna muoversi con attenzione e con competenze specifiche che rispettano percorsi formali molto precisi., per questo ci sono molte figure, come psicologi, psicoterapeuti specializzati in dinamiche familiari e adolescenziali, psicologi dello sviluppo, educatori, pedagogisti, logopedisti… Mi dispiace, ma lo ripeto pur appartenendo alla categoria dei coach: le buone intenzioni e le competenze di coaching non bastano. Anzi, spesso si rischia di far più danni. Come dice il Prof. Nardone “Molto spesso un aiuto fatto male è peggio dell’assenza di aiuto”. Ci sono figure specializzate e queste professionalità devono essere attivate al momento del bisogno. Ho conosciuto un coach che per anni ha cercato di aiutare il proprio nipote, affetto da disturbi specifici dell’apprendimento, con le tecniche del (suo) coaching: “credi in tesso”, “visualizza mentre studi con facilità”, “immagina di leggere velocemente e fluentemente”, etc… I risultati? Le performance del nipote non cambiavano e di conseguenza aumentava la frustrazione. Quando mi chiese aiuto, pensando che il mio coaching fosse migliore del suo, rimase sorpreso per il fatto che l’ho invitato e persuaso a rivolgersi ad un logopedista e un tutor dsa. Semplice. Ognuno fa il proprio mestiere. Facciamo un altro esempio? Vedo molte attività di “coaching” rivolte a ragazzi e adolescenti, ma mi dispiace evidenziare che ancora mancano evidenze degli effetti che sortiscono.
TEMATICHE di CONTENUTO TECNICO o DIDATTICO
Adesso esprimo una mia idea personale molto forte: forse il 90% del coaching in Italia in realtà è consulenza o formazione. Il Coach svolge consulenza di processo e non di contenuto, mentre sono molti i Coach che danno soluzioni, trasmettono cosa fare e come farlo o che danno contenuti didattici. Qualche esempio? Conosco un paio di business coach che fanno i Business Plan delle start-up: ma è consulenza, non coaching, in quanto il Coach guida processo e contenuto (e avendoli visti in azione confermo che guidano il contenuto). Così come sono molti i coach che organizzano corsi definendoli “coaching”: ma quelle sono attività didattiche (e in molti casi, soprattutto dove ci sono centinaia o migliaia di persone, forse viene meno anche la funzione puramente didattica e si attivano le logiche degli eventi o degli “show”). Insomma, c’è differenza tra Coaching, Consulenza e Formazione.
“VARIE ed EVENTUALI”
Ci sono tantissime altre aree di cui, secondo me/noi, un Coach non dovrebbe occuparsi e in cui le alternative dovrebbero essere le seguenti:
1 – avere dei titoli specifici o inviare i potenziali clienti a figure specializzate;
2 – svolgere comunque l’attività ma senza chiamarla coaching.
Facciamo qualche esempio.
Sex coaching? Coaching per la sessualità? Mi dispiace sottolinearlo ma esistono i sessuologi, che studiano anni.
Spiritual coaching? Il nome è affascinante e attraente; però mi chiedo quale sia la performance in ambito spirituale.
Love coaching? Anche l’amore è una performance? Sull’amore si sono spesi millenni di letteratura e arte, ed è una delle dinamiche umane più affascinanti, misteriose e di difficile comprensione. Siamo sicuri che possa essere oggetto di Coaching? Non ho una risposta, se non la mia personale… ma anche in questo caso non parlerei di coaching.
Ribadisco che quanto scritto è il mio personale pensiero. E tu, cosa ne pensi?
Buon Coaching!
Piercarlo
È la prima volta che apprezzo un coach!! Chiaro preciso e con i limiti di competenza molto chiari.