Valuta bene prima di scegliere una Scuola Coaching
Quasi ogni settimana riceviamo curricula da coach, o aspiranti tali, che si sono formati presso altre scuole. Così come sono molti i coach provenienti da altre scuole e altri approcci e che partecipano solo a qualche nostro corso e subito dopo ci chiedono di collaborare.
Queste richieste, ovviamente, ci gratificano e ci lusingano, ma per alcuni aspetti portano a farci una serie di domande provocatorie.
La prima, la più evidente e intuitiva è la seguente: “Come mai non chiedi di collaborare alla tua Scuola di Coaching di provenienza?“.
Da questa semplice riflessione nasce l’idea che mi ha spinto a scrivere questo articolo: bisogna scegliere veramente bene la scuola di coaching.
In passato abbiamo già scritto come scegliere una scuola coaching e quali sono le domande da fare ad una scuola di coaching.
Ma in questo articolo, voglio approfondire altri aspetti.
1 – Scegli una Scuola Coaching con cui tu possa voler collaborare
Guarda ad una scuola di coaching non solo con l’occhio di chi vuole diventare coach, ma anche con l’occhio di chi poi vuole sviluppare collaborazioni professionali. Chiediti se l’ambiente della scuola è secondo te fertile per possibili collaborazioni. E soprattutto, la scuola rappresenta i valori che secondo te sono alla base di una collaborazione professionale e personale? Ti piacerebbe lavorare con loro e per loro? Ti piacciono le modalità operative? Ti faccio un esempio che ci ha restituito recentemente una nuova iscritta alla nostra scuola coaching: un’altra Scuola le ha detto “Se decidi entro stasera ti diamo 1.000€ di sconto”. E a lei questa modalità, testuali parole, le è sembrata un vero e proprio ricatto. La riflessione che ha condiviso con me è stata la seguente: “Io devo fare una scelta importante per la mia futura professione, e voi mi date solo poche ore per decidere? E solo a seguito di una telefonata? No comment…”. Per questo valuta bene quale scuola scegliere: non solo per i contenuti, gli attestati, i docenti, ma anche per le modalità di comunicazione e di interazione, partendo dal presupposto che tutti si autodefiniscono i migliori e che tu dovrai farti una tua idea indipendentemente da quello che ti raccontano.
2 – Scegli una Scuola Coaching che si evolve in continuazione
Secondo noi una scuola è tale se, e solo se, si aggiorna e ti aggiorna in continuazione. Scegli chi vive su di sé i valori del coaching: valori che invitano all’aggiornamento personale e professionale continuo. Dopotutto la didattica e l’apprendimento sono performance a tutti gli effetti… e il coaching si occupa di alta performance! Ti faccio un esempio pratico: la Scuola di formazione che iniziai a seguire da giovane 17/18enne nel 1995, ad oggi insegna le stesse cose di 25 anni fa: stesse monografie, stessi argomenti, stessi contenuti. Sono cambiati solo i titoli e le grafiche. E insegna ancora argomenti che sono stati scientificamente dimostrati come inefficaci e non validati (come i L.E.M. e altre tecniche/strumenti divulgati dalla PNL). Non so, ma noi siamo contenti di fare cose diverse rispetto a 10 anni fa.
3 – Scegli una Scuola Coaching che ti supporti nel presentarti come coach
La qualità di un coach si vede non solo nella bravura tecnica del coaching, ma anche nel corretto uso della terminologia. Se è vero che noi preferiamo collaborare, per ovvi motivi, con chi si è formato presso la nostra scuola, è vero anche che siamo molto aperti anche a collaborazioni esterne. Ma se nell’autocandidatura vengono usati termini impropri ed imprecisi, beh, in quel caso non ci sono i presupposti logici per collaborare. Qualche esempio? Sapete quanti ci scrivono “mi sono appena CERTIFICATO con una scuola di coaching…“. Certificato? Ma stiamo scherzando! Quando ci dicono “mi sono certificato con una scuola di coaching” è come se ci dicessero “mi sono appena laureato in un istituto tecnico“… no comment. Le uniche due cose certe di fronte all’uso improprio della terminologia è che la Scuola di provenienza è di basso profilo tecnico, e che l’attenzione ai dettagli è molto bassa (in contrasto con l’idea stessa di alta performance legata al coaching). Il termine “certificazione”, ad esempio, si può usare solo se si segue un percorso di certificazione con un ente certificatore accreditato presso Accredia (e parliamo comunque di certificazione di qualità per i servizi di coaching e non di certificazione da coach). E dopo una Scuola Coaching non puoi non saperlo. Altrimenti è come se uscissi da un istituto tecnico convinto di esserti laureato… ahi ahi! Così come il termine “diploma”: non si può usare, ma spesso molti ci scrivono dicendo “mi sono appena diplomato in coaching”! Ah sì? E dove? Insomma… prima di presentarti come coach solo perché hai fatto un corso, fatti supportare anche nel come presentarti al meglio, professionalmente e personalmente.
4 – Scegli una Scuola che ti faccia fare pratica reale su casi reali
Sono due le domande più imbarazzanti per chi ha seguito una scuola coaching:
1 – quanti CASI di coaching REALI e INTERI condotti dai tuoi insegnanti hai potuto visionare?
2 – su quanti CASI REALI e INTERI hai fatto pratica con la supervisione dei tuoi insegnanti?
Questa è la vera nota dolente del coaching in Italia: la pratica quasi non esiste, oppure è sempre basata su role-play e simulazioni. Nel peggiore dei casi (ed esiste) c’è anche chi dichiara che ti supporta nella pratica su casi reali di coaching, ma poi in realtà devi fare una semplice “auto-certificazione” dei casi che tu dici di aver portato avanti. Autocertificare i casi? E la pratica reale supervisionata dov’è? La pratica si fa con persone vere, su casi veri e deve essere video-registrata, supervisionata ed oggetto di feedback. Per imparare si deve fare pratica, si deve sbagliare, bisogna veder fare, fare bene e far male e vedere correggere per poi essere corretti. Ma mi rendo conto che, le esigenze di marketing delle scuole incontrano volentieri la ricerca di attestati facili (che qualcuno ancora chiama “certificati” o “diplomi”). Tanto molti vogliono solo dire “sono coach”, “ho fatto una scuola”, “ho preso l’attestato”… e nel peggiore dei casi “mi sono certificato coach” (che ribadisco, non è corretto). Pochi vogliono sentirsi capaci di fare coaching.
5 – Scegli una Scuola “intellettualmente onesta”.
Lo abbiamo già detto: quasi tutti si autodefiniscono i migliori. Chi è onesto è intellettualmente conosce questa tentazione ed evita le autocelebrazioni per andare sulle autodescrizioni oggettive: n.° di ore, n.° di casi, modelli di riferimento, etc… Certo, sentirsi dire “i migliori formatori”, “il vero coaching”, “la miglior scuola”, fa sempre effetto. Ma ricordiamoci il suggerimento della saggezza popolare: “oste com’è il vino?”. Credere nelle proprie capacità è diverso da autocelebrarsi. L’onestà intellettuale è quella caratteristica per cui qualcuno crede in ciò che fa e che dice… anche se non è sempre efficace e funzionale. E in questi ultimi casi, lo ammette apertamente. Provate a chiederci se il coaching funziona sempre: noi vi rispondiamo NO! E nell’archivio dei nostri casi video-registrati ci cono molti casi che non hanno raggiunto l’obiettivo desiderato. Ammettere la propria fallibilità non significa essere incapaci: anzi! Nè significa essere falliti: anzi! Significa essere onesti intellettualmente, con sé stessi e con gli altri, a prescindere dalle logiche del marketing. E poi, secondo me, l’onestà intellettuale comporta un uso corretto dei termini e delle relative evocazioni. Qualche esempio concreto? Conosco persone che non sono “Professori” (titolo regolamentato dal MIUR) ma che si fanno chiamare “professore”. Poi magari per evitare una denuncia per “millantato titolo”, si autodefinisco “professor”. Usano l’inglese per aggirare (o raggirare) gli ostacoli normativi italiani. Allo stesso modo chi si autodefinisce “university”. La legge 766 del 30 novembre 1973, nell’articolo 10 dice che i termini “università, ateneo, politecnico e istituto d’istruzione universitaria” possono essere usati solo dallo Stato ed in particolare dalle università statali e da quelle non statali ma riconosciute. Io posso creare una “Coaching University” e rilasciare “Certificates”… e probabilmente sto anche rispettando le norme, che ovviamente sono scritte in italiano, ma intellettualmente non sto rispettando i principi ad esse sottese.
Ad ogni modo, secondo noi le domande principali da farsi nella scelta di una Scuola Coaching, sono le seguenti:
1 – cosa imparo a FARE in questa scuola?
2 – per come si presentano, mi piacerebbe poter collaborare con loro?
3 – mi danno visibilità dei loro programmi e dei contenuti?
4 – mi danno visibilità di qualche sessione reale di coaching?
5 – quanta pratica mi faranno fare?
6 – mi supportano anche dopo il percorso di scuola?
7 – sono intellettualmente onesti?
8 – il modello insegnato è validato da ricerche evidence based?
La scelta giusta non esiste e a volte arriva anche dopo molte scelte sbagliate: ad esempio io e Alberto ci siamo conosciuti nel 2009 in un corso di Coaching che ad oggi quasi rinnego di aver seguito (uno di quelli ad orientamento “energetico” e “spirituale”). Un errore? Sì in termini di tempo perso e soldi spesi. Un apprendimento in termini di conoscenza del settore a 360°, anche nelle sue forme più bizzarre… e poi ho conosciuto la mia metà professionale con cui lavoro da quasi 10 anni in piena sintonia! Abbiamo trasformato un errore in un’opportunità, per poi scegliere meglio successivamente e insieme e svilupparci ulteriormente come coach professionisti su altri modelli pratici e concreti.
Buona scuola coaching!
Piercarlo
PS: ecco una piccola infografica sulle domande da fare prima di scegliere una scuola di coaching