I quattro livelli pratici dell’apprendimento.
Ovunque, e sempre più spesso, si parla di tre livelli di apprendimento:
- sapere;
- sapere fare;
- saper essere.
Nell’accezione comune e condivisa da molti, il primo livello è relativo alle CONOSCENZE (solitamente teoriche). Il secondo livello è relativo alle COMPETENZE (un sapere operativo), mentre il terzo livello ha a che fare con le caratteristiche psicologiche e caratteriali personali. Per molti altri, invece, il saper essere non è altro che un saper fare esercitato al punto da acquisire le competenze ad un livello più profondo, che permette un agire spontaneo e automatico.
Proprio su questo punto, il saper essere, noi abbiamo qualche dubbio.
Abbiamo il dubbio che possa essere una ridondanza, qualora si riferisse alla sola pratica nel tempo; e il dubbio che possa essere troppo generico e difficile da definire e rilevare qualora si riferisse alle caratteristiche della persona. Quest’ultima possibilità ci metterebbe anche di fronte alla domanda “come si potrebbe cambiare l’essere delle persone?”.
Per questo motivo, orientati continuamente al pragmatismo e alla valutazione dell’efficacia pratica dei modelli, abbiamo sviluppato un modello diverso, che troviamo più spendibile nel mondo dell’apprendimento e della formazione.
Questo modello, prevede quattro livelli di sapere:
- sapere;
- saper fare (e saper fare bene);
- saper far fare;
- saper insegnare.
Il SAPERE è, come già detto, relativo alle CONOSCENZE, quindi si riferisce all’insieme delle informazioni teoriche e delle nozioni. Le trappole relative al sapere possono essere due: sottovalutarlo e sopravvalutarlo. Alcuni saperi servono, mentre altri, invece, sono superflui. Sicuramente non servono quei saperi non verificati e non validati, soprattutto se influenzano attivamente il saper fare.
Il SAPER FARE è relativo alle COMPETENZE e alle ABILITÀ. Nel nostro modello la pratica e l’esercizio del saper fare portano al SAPER FARE BENE, che potremmo chiamare anche eccellenza operativa.
La terza area è il SAPER FAR FARE, ovvero l’area delle competenze manageriali e gestionali. In questo livello, oltre alla conoscenza dei processi e dei contenuti (che in alcuni casi non sono neanche necessari), bisogna esercitare competenze organizzative e relazionali di alto livello, quali la pianificazione, la delega, il controllo e la correzione. Saper far fare una qualsiasi qualcosa richiede un livello di apprendimento superiore, in quanto necessita di una visione sistemica: quell’attività viene così compresa non solo nelle sue specificità e peculiarità, ma anche in relazione ad altre attività del sistema. Saper e saper fare sono ben diversi dal saper far fare, motivo per cui in questo livello le abilità interpersonali diventano fondamentali.
L’ultimo livello di apprendimento è il SAPER INSEGNARE. Chiunque abbia provato ad insegnare qualcosa a qualcun altro, avrà scoperto che nell’insegnare impariamo, e che spesso questo apprendimento è più profondo rispetto all’apprendimento posseduto prima dell’azione didattica. Anche in questo caso sapere e saper fare non per forza corrispondono al saper insegnare. Tutti noi conosciamo persone con una grande cultura ed eccellenti performer, ma che non riescono a trasmettere le loro conoscenze e le loro competenze. Saper insegnare richiede competenze didattiche specifiche. Anche quest’ultime potremmo definirle come competenze trasversali che si basano su varie abilità relazionali, comunicative, oratorie, organizzative, creative, emotive, etc…
Anche il Saper Insegnare comporta un livello comprensione superiore al saper fare bene, in quanto ci “costringe” a comprendere tutte le logiche che sottendono ad un determinato argomento, comprese quelle non ordinarie.
Questa distinzione dettagliata ci permette di non cadere nella trappola di considerare un abile manager o un insegnante capace chi, invece, è solamente un abile conoscitore o un abile performer. E inoltre ci libera dal troppo generico e difficilmente valutabile “saper essere”.
Buon apprendimento!
Piercarlo
resto sempre sorpresa ed ammirata dalla quantità di riflessioni che proponi , dal tuo punto di osservazione e di esperienza di insegnante “altro”… complimenti, Pier!