L’importanza dell’efficienza nel Coaching
Dal 2010 usiamo il modello delle 4E: l’Eccellenza (1) è data da Efficacia (2), Efficienza (3) ed Eleganza (4).
E in questo articolo mi dedicherò all’efficienza nel Coaching.
Si parla spesso di efficacia del coaching, ma troppo poco di efficienza.
L’efficacia è la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e/o ottenere gli effetti desiderati.
L’efficienza, invece, è la capacità di essere efficaci con il minimo impiego di risorse.
Non ci può essere efficienza se non c’è efficacia.
Consumare meno per non arrivare a destinazione non serve.
Quindi il primo obiettivo è sicuramente essere efficaci.
Un Coach è efficace se e quando supporta il Coachee (cliente) nella piena realizzazione di quanto concordato insieme nel patto di coaching, sia esso lo sblocco di una performance professionale, lo sviluppo di un’alta prestazione sportiva o l’acquisizione di nuove competenze.
Ovviamente l’efficacia è influenzata da molti fattori, tra cui il modello di coaching applicato, le abilità individuali del coach, il caso specifico, il livello di impegno del coachee e le sue caratteristiche individuali, la relazione tra Coach e Coachee (elemento fondamentale e centrale)… e tanto altro che meriterà un ulteriore approfondimento.
Ma di efficienza, ahimè, si parla poco.
Troppo poco.
Nelle relazioni d’aiuto in generale e non solo nel coaching, l’efficienza è spesso un “tasto dolente”, in quanto essere efficienti vuol dire, apparentemente, ridurre gli incassi. Brutto da dire e difficile da digerire, ma sono molti i “professionisti” che considerano i clienti come “bancomat” da cui prelevare ogni 15-30 giorni…
È vero che esistono casi, ad esempio nello sport, in cui il Coach affianca il Coachee per un periodo medio-lungo… ma ovviamente è tutto concordato in massima trasparenza tra le parti.
Ma è altrettanto vero che la maggior parte dei casi di coaching non prevede un supporto di medio-lungo periodo.
Anzi, laddove tanti coach impiegano molto tempo e molte sessioni, in realtà, si potrebbe massimizzare ed essere quindi molto più efficienti.
Qualche anno fa mi è capitato un caso di decision making in cui la coachee aveva svolto 14 sessioni in 3 mesi e mezzo. In pratica una sessione a settimana. Il Coach precedente “vendeva pacchetti da 10 sessioni” e lei dopo aver “consumato” il primo pacchetto, con titubanza ha acquistato il secondo (quindi 20 sessioni in tutto) per poi mollare il percorso dopo la 14^ sessione (e senza ottenere il rimborso delle 6 sessioni non svolte). Quando è arrivata da me era completamente confusa e bloccata. Ovviamente mi ha chiesto quante sessioni sarebbero servite e la mia risposta fu: “Dipende da te. Io solitamente chiudo i casi di decision making in 5-6 sessioni, ma non c’è una regola fissa e con me non hai vincoli in termini di numero minimo di sessioni“. Il caso è stato chiuso con successo pieno in 3 sessioni.
Così come mi è capitato un atleta che ha lavorato per 2 anni sulla tensione e l’agitazione pre-gara, svolgendo un lavoro lunghissimo (e anche emotivamente faticoso) sull’autostima, la fiducia in sé stesso… e tanto altro. In quattro sessioni la tensione pre-gara è diventata gestibile. Così come nel nostro archivio abbiamo un altro caso di tensione pre-performance chiuso in una sola sessione.
Ma quali sono i livelli di efficienza a cui un coach dovrebbe prestare attenzione?
Noi ne abbiamo individuati quattro, che riassumo nella seguente immagine.
1 – La durata di ogni singola sessione di coaching
Il primo ed evidente livello di efficienza nel Coaching è dato dalla durata di ogni singola sessione. Molti coach che approdano alla nostra Scuola sono abituati a sessioni della durata di 60-90 minuti. Sessioni lunghe, a volte lente e spesso stancanti per Coach e Coachee. Siamo tutti d’accordo sul fatto che la prima sessione solitamente richiede un tempo maggiore, che ogni caso è a sé e che bisogna personalizzare tutto, anche tempi e durata della singola sessione; però devo ammettere che una bella sessione breve, pulita, che duri in media 30-45 minuti, oltre ad essere efficiente è anche molto elegante. La mia media, ad esempio, è di circa 25 minuti. Così come mi è capitato di condurre una sessione di soli 8 minuti: era la seconda sessione di un caso relazionale di business coaching che poi è stato chiuso in 3^ sessione.
2 – Il numero totale delle sessioni di coaching
Il secondo livello di efficienza lo si misura con il numero totale di sessioni necessarie per realizzare quanto concordato tra coachee e coach. Da quando uso il modello strategico la mia media delle sessioni totali per tipologia di caso si è ridotta notevolmente. Ad oggi posso dire che, mediamente, un caso di decision making lo chiudo in 3-4 sessioni. I casi di tensione pre-gara o pre-performance li chiuso mediamente in 2-3 sessioni. Anche io in passato non impiegavo meno di 10 sessioni. Penso di poter dire di non aver mai approcciato il cliente come un bancomat, ma nonostante la mia onestà verso il coachee, era come se stessi usando delle “posate in plastica”: si rompono spesso e non funzionano benissimo, con un conseguente impatto sui tempi e quindi sull’efficienza (e in molti casi anche sull’efficacia). Studiando il modello di coaching strategico, invece, è come se avessi trovato delle “posate in acciaio inox”: sono efficaci, efficienti ed anche molto eleganti. Quanta energia e quanto tempo serve per tagliare una bistecca con un coltello di plastica? E quanto con un affilato coltello in acciaio? E così il numero di “energia”, e quindi di sessioni totali, scende.
3 – Il distanziamento tra le singole sessioni di Coaching
Terzo elemento che impatta l’efficienza è il distanziamento tra una sessione e l’altra. Ripeto un concetto che noi condividiamo spesso nella nostra Scuola Coaching: è molto più probabile che i clienti cambino e migliorino tra le varie sessioni di coaching, anziché durante la sessione stessa. Un po’ come nell’allenamento: il meccanismo della super-compensazione fa crescere la massa muscolare nelle 24-72 ore dopo l’allenamento. Allo stesso modo la sessione deve fornire un giusto “carico di lavoro” che permetta lo sblocco o lo sviluppo tra una sessione e la successiva. Questo tempo è fondamentale e impatta l’efficienza. Conosco coach che hanno programmi fissi che prevedono una sessione a settimana. Nel nostro approccio strategico, invece, la distanza tra le sessioni è variabile e si tende ad utilizzarla come variabile che impatti l’efficacia e l’efficienza dell’intero percorso. E non dimentichiamoci dei meta-messaggi che vengono inviati con il distanziamento delle sessioni: dire ad un cliente “ci vediamo tra una settimana” o dirgli “ci vediamo tra un mese” invia un metamessaggio di autonomia di diverso valore. Per questo nel modello strategico si deve dar valore al tempo che distanzia una sessione dall’altra e per farlo ci sono molti modi e molte modalità: dall’assegnazione di attività (meglio se creative e contro-intuitive) al progressivo allungamento dei tempi di distanziamento tra le sessioni.
4 – La durata totale del percorso di Coaching
Infine, il più evidente livello di efficienza nel Coaching: la durata totale dell’intero percorso. Qui la questione diventa un po’ più delicata, in quanto in alcuni modelli, tra cui quello strategico, a volte si prevedono dei momenti di follow up.
Per questo ci sono due modalità di calcolo della durata intera del percorso.
La prima modalità calcola il tempo che intercorre tra la prima e l’ultima sessione. Eventuali follow up informali via telefono o whatsapp, non vengono calcolati. Mentre vengono calcolate eventuali sessioni di follow up.
La seconda modalità calcola il tempo che intercorre tra la prima sessione ed il momento in cui il cliente considera chiuso il proprio caso.
Faccio un esempio pratico su un caso reale: funzionario di un’importante istituzione europea che aveva difficoltà di gestione della tensione emotiva durante alcuni momenti di lezione in pubblico. Ho svolto una sola sessione. Dopo la prima ed unica sessione la coachee ha svolto tutti i compiti e la situazione è migliorata notevolmente, fino a farle dire, dopo solo una settimana, “tutto risolto”. Dopo due settimane mi ha scritto dicendo che il problema si era leggermente manifestato, ma che secondo lei non necessitava ancora di un’altra sessione. Condivido pienamente e le scrivo di proseguire con le attività e gli esercizi che le ho assegnato. Sono passati 8 mesi e ci siamo scambiati solo qualche messaggio di controllo, senza svolgere alcuna sessione. Siamo rimasti d’accordo che al bisogno mi contatta.
Quanto è durato il caso?
Usando la prima modalità diremmo “una sola sessione” (che è comunque l’indicatore 2 di efficienza).
Usando la seconda modalità di calcolo potremmo dire circa 4 settimane, che è il tempo intercorso tra la prima (ed unica) sessione e il momento in cui mi ha scritto “per me va benissimo così e al bisogno ti chiamo o ti scrivo”.
Personalmente suggerisco di usare di più la seconda modalità di calcolo, in quanto il numero totale di sessioni, come detto, è un indicatore evidenziato già nel livello 2.
Conclusioni
Vi invito a lavorare sull’efficienza partendo da questi 4 parametri, ma senza (s)cadere nelle “corse” contro il tempo e contro sé stessi. Dobbiamo migliorare e migliorarci per migliorare il servizio di Coaching e aumentare il livello di soddisfazione e gradimento dei clienti. Conoscere i propri livelli di efficienza per categoria logica di caso ci permette di essere anche più professionali. Dobbiamo migliorare la nostra efficienza sapendo che questa influenza anche l’efficacia e l’eleganza in un gioco di influenza reciproca tra questi fattori. Non dobbiamo migliorarci per pavoneggiarci dei nostri tempi. Non si vince nulla. Si vince solo se il coachee vince. Per questo dobbiamo migliorarci… per far “vincere” prima e meglio i nostri clienti.
Piercarlo
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Non avevo dubbi sulla vostra elevata etica professionale, complimenti!
Apprezzo tantissimo come il modello strategico agisce non solo in sessione ma anche durante la vita di ogni giorno, rivelandosi così estremamente efficace ed efficiente.
Mi piace associare la sessione di coaching strategico ad un enzima che innesca il primo piccolo cambiamento, si alimenta nel tempo sempre più ed infine cresce così tanto da allargare i nostri orizzonti.